Lo avevano annunciato i sindacati che sarebbe stato un agosto "caldo" quello dei lavoratori di Ikea. E all'annuncio stanno seguendo i fatti. Continuano a susseguirsi senza sosta infatti gli scioperi in tutti gli store del colosso svedese in Italia. Un giorno in Emilia Romagna, il giorno dopo in Toscana, poi in Puglia e in Campania, a Roma, come nel Veneto e in Lombardia.

L'ultimo in ordine cronologico è stato lo store di Padova, dove domenica 16 agosto i lavoratori hanno incrociato nuovamente le braccia. Mentre altre realtà sono arrivate al sesto giorno consecutivo di sciopero: è il caso, ad esempio, dei lavoratori di Roma Anagnina (nella foto). A Napoli invece, non sono bastati i lavoratori interinali richiamati per sostituire gli scioperanti, e si è arrivati alla chiusura del negozio. 

Gli scioperi sono sempre accompagnati da presidi di lavoratori fuori dagli store, per dare visibilità alle ragioni della loro protesta. A Bologna, ad esempio, i lavoratori hanno affisso uno striscione con il testo dell'articolo 36 della Costituzione: "Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa".

La mobilitazione, dopo la rot­tura di fine luglio delle trat­ta­tive, si oppone alla volontà della dire­zione azien­dale di can­cel­lare il con­tratto inte­gra­tivo, che significherebbe per la maggioranza dei lavoratori una perdita netta in busta paga di 200-300 euro, su retribuzioni che al massimo arrivano a 1.200. 

"Insieme alle lavoratrici e ai lavoratori IKEA ci siamo detti che questo non è il Paese che vogliamo, un paese che ritiene giusto che per avere un divano low cost o un nuovo store Ikea sia necessario impoverire i suoi 6200 dipendenti”, afferma Giuliana Mesina, della Filcams Cgil nazionale. "I lavoratori vogliono un contratto - aggiunge la rappresentante sindacale - che non renda le loro buste paga 'sottocosto', come le offerte estive del colosso svedese".