“L’aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo”. Questo il testo a caratteri cubitali a corredo di una campagna contro la legge 194 lanciata con una serie di manifesti che hanno sullo sfondo la foto di una donna in gravidanza. L'iniziativa è firmata dalla fondazione CitizenGo, che non nuova a prese di posizione quantomeno discutibili (come nel caso dei vaccini obbligatori, definiti in una petizione come “coercizione ingiusta e incostituzionale”). In questo caso, l’obiettivo sono i quarant’anni della legge 194, contro la quale si terrà sabato 19 maggio a Roma una manifestazione che per i promotori sarà una “Marcia per la vita”. E per l’occasione hanno deciso di tappezzare la città con questi grandi manifesti. “L’aborto – sostengono per motivare la scelta – è utilizzato in gran parte del mondo come metodo di soppressione mirata delle donne, nel silenzio del femminismo radical-chic”. E ancora: “Dopo quarant’anni dobbiamo certificare il fallimento totale della legge 194, che avrebbe dovuto aiutare le donne nella gravidanza e tutelare la maternità, e invece combatte la maternità, incentiva l'aborto e lascia dietro di sé milioni di bimbi soppressi e milioni di donne ferite”.

Ovviamente non sono mancate a stretto giro le proteste, a partire dalla Cgil. “Ancora un osceno manifesto a Roma contro le donne e contro una legge dello Stato, la legge 194. Le istituzioni intervengano immediatamente in merito alla vergognosa campagna che associa l'interruzione volontaria di gravidanza al femminicidio”. A dirlo è la responsabile Politiche di genere della confederazione, Loredana Taddei. “Il Comune – chiede la Cgil – rimuova immediatamente i manifesti. Si tratta di una campagna di disinformazione contro le donne, la loro salute e la loro libertà di scelta. Invitiamo il Parlamento e le forze politiche del prossimo governo a far sentire la loro voce in risposta ai reiterati e sistematici attacchi alla legge 194 e alle gravi falsità diffuse. Ricordiamo – aggiunge in conclusione Taddei – che in altri paesi europei, come la Francia, fare pressioni per convincere le donne a non abortire è un reato, e riteniamo debba diventare tale anche in Italia”.

"Il manifesto comparso in diversi municipi romani rappresenta l'ennesimo attacco contro la libertà di scelta delle donne”, aggiunge Tina Bali della Cgil Roma e Lazio: “Difendere il diritto all'aborto e garantire la corretta applicazione della legge 194, che tra pochi giorni compirà quarant'anni, deve rimanere una priorità per la nostra regione e per il Paese intero affinché nessuna donna debba più ricorrere a metodi alternativi, spesso privi di igiene e tutele sanitarie. Chiediamo un tempestivo intervento perché il manifesto venga rimosso al più presto". 

Di “messaggio medievale, intriso di ottuso oscurantismo, che colpevolizza le donne rispetto a un tema, quello del femminicidio, di cui sono le sole vittime”, parla la Fp Cgil nazionale. “Una vicenda intollerabile – aggiunge il sindacato – non solo per l’accostamento dei temi, ovvero ‘aborto-femminicidio’, ma che si rende ancora più grave a pochi giorni dal quarantesimo anniversario della legge 194. La strumentale quanto barbara associazione dimostra il totale disprezzo nei confronti delle donne da parte di chi si è fatto promotore di questo messaggio. E sottende una totale ignoranza dei fatti, riportandoci dietro di quarant’anni e oltre, prima della 194, quando le donne erano sì vittime ma nelle mani di sadici aguzzini che praticavano loro l’aborto. La denuncia di questi fatti, che si ripetono con troppa frequenza, non basta più. Serve non solo rimuovere immediatamente i manifesti apparsi nelle strade di Roma ma soprattutto rilanciare una nuova battaglia culturale, a partire dai quarant’anni della 194. Una legge che va non solo difesa ma applicata, nella sua interezza”.