Nel mese di febbraio si è tenuta a Bruxelles l'ottava tornata negoziale sul TTIP , l'accordo di libero scambio fra Europa e Stati Uniti. Nonostante la segretezza in cui la Commissione europea e i rappresentanti dell'amministrazione statunitense stanno conducendo il negoziato, il testo in discussione era stato reso noto grazie all'azione delle tante organizzazioni della società civile che in USA e in Europa si oppongono al trattato.

Il testo in questione riguarda uno degli aspetti centrali e maggiormente controversi del TTIP, la cosiddetta Cooperazione Regolatoria relativa al processo di allineamento e di convergenza degli standard e delle normative tra USA e UE, che andranno ad incidere su tutti gli aspetti dello scambio commerciale: dall’agricoltura (e quindi la qualità dei cibi e la tipologia di filiera che si andrà a sviluppare) alla chimica (e dunque gli standard di sicurezza), dall’ambiente (come la qualità dei carburanti o la sostenibilità delle fonti energetiche) agli standard per i farmaci e per le norme in materia di sicurezza sul lavoro.

Si prospetta un meccanismo per cui ogni regola che già esiste o che si intendesse introdurre non deve interferire con gli affari delle grandi imprese. Se per esempio un Governo volesse adottare una normativa per migliorare la tutela dell'ambiente o i diritti di consumatori e lavoratori, dovrà rendere conto a portatori di interessi privati, i quali se si ritenessero danneggiati potranno agire per chiedere la modifica o il ritiro di tale norma, avendo quindi il potere di condizionare le politiche dei singoli paesi anche a scapito della salute e dei diritti del lavoro e dei cittadini. Questo è il vero e proprio cuore del TTIP che comprensibilmente si vuole tenere nascosto all'opinione pubblica. Le parti interessate, non solo gli organismi regolatori competenti, ma anche le lobby delle imprese e degli investitori dovranno essere avvertiti in anticipo sulle intenzioni di regolamentare o modificare gli standard di un settore, consentendo un facile accesso ai documenti e in tal modo rafforzando il potere di intervento di questi soggetti privati che peraltro, a differenza delle altre componenti della società civile, sono ampiamente coinvolti nel negoziato.

Parallelamente al round negoziale TTIP si è svolta a Bruxelles una riunione di oltre cento organizzazioni della società civile che hanno firmato e diffuso un documento per denunciare come il meccanismo della Cooperazione regolatoria sia in verità un vero e proprio Cavallo di Troia degli interessi economici a svantaggio dei diritti dei cittadini, del lavoro e dell’ambiente. La riunione delle reti No TTIP si conclusa con una manifestazione che ha portato sotto il palazzo della Commissione Europea, sede del negoziato, un Cavallo di Troia gonfiabile a simboleggiare il TTIP.

Nonostante le rassicurazioni della Commissione europea, il capitolo sulla Cooperazione regolatoria mostra come investimenti e commercio avranno la precedenza sull’interesse pubblico, dando un enorme potere a strutture tecniche capaci di bloccare o indebolire regolamentazioni e standard senza che gli organi democraticamente eletti, come i Parlamenti, abbiano il potere di intervenire.

Il testo presentato prevede che non solo i beni ma anche i servizi siano inclusi in questo meccanismo e i servizi pubblici non sono mai stati chiaramente esclusi dal negoziato.

Per bloccare il TTIP, la Stop-TTIP Alliance, organizzazione che riunisce oltre 200 associazioni da tutta Europa, ha lanciato il 15 luglio scorso una petizione che chiede di annullare i negoziati per “impedire che gli standard dei diritti su lavoro, sociale, ambientale, privacy e norme di consumo vengano abbassati e i servizi pubblici (come l’acqua) e dei beni culturali vengano deregolamentati in negoziati non trasparenti”. Ma l’iscrizione nel registro delle iniziative popolari è stata rifiutata perché, si legge nelle motivazioni dell’esecutivo comunitario, “la proposta d’iniziativa esula manifestamente dalla competenza della Commissione di presentare una proposta di atto legislativo dell’Unione ai fini dell’applicazione dei trattati”.

Ciò nonostante la mobilitazione continua, a partire dalla raccolta di firme europea che si propone di raccogliere due milioni di firme. Ad oggi in tutta Europa ne sono già state raccolte oltre un milione e cinquecentomila.

La sola Germania ha raccolto quasi 934mila sottoscrizioni, ossia il 1300% dell’obiettivo iniziale, che era di di 72mila firme. Subito dopo c’è la Gran Bretagna, con più di 212mila firme raccolte, il 390% rispetto alle previsioni iniziali di 54.740. Tra i più attivi nella campagna poi Francia, Spagna Belgio, Olanda, Austria, Slovenia e Finlandia (guarda la mappa completa). In Italia meno di 15.000 persone sostengono per ora l’iniziativa, ossia appena il 26% rispetto alla soglia fissata al lancio di 54.750 firme. In proporzione, rispetto al rapporto tra previsione iniziale e risultato finale, un risultato peggiore c’è stato solo in Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia.

Firma e fai firmare la petizione online contro TTIP E CETA su https://stop-ttip.org/firma/.

La Campagna Stop TTIP Italia nasce nel febbraio 2014 e conta oggi più di 140 organizzazioni aderenti (incluse diverse categorie e Camere del lavoro della Cgil) e una quarantina tra comitati e contatti locali nei vari territori.

(da Osservatorio Inca)