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“L’economia reale in questo inizio 2014 non dà ancora i segnali sperati per l’uscita da una crisi che ha investito in questi 6 anni il sistema produttivo e manifatturiero lombardo”. A dirlo è Giacinto Botti della Segreteria della Cgil Lombardia. Commentando i preoccupanti dati relativi al lavoro nella regione.
“Nella nostra regione - aggiunge - occorre fermare la deindustrializzazione in atto, nella quale è concentrata la presenza di oltre il 30% dell’industria manifatturiera nazionale, e nella quale si registra una riduzione del tasso di attività, oltre al crollo dei consumi e delle attività commerciali”.
Ecco in sintesi la situazione.
La cassa: crescono straordinaria e deroga.
Complessivamente, nei primi mesi di gennaio-febbraio 2014, rispetto allo stesso periodo del 2103, si registra una crescita delle ore autorizzate di CIG del 9,16% (46.236.866 ore), una riduzione della cassa ordinaria del 21,29% (14.360.559 ore) e un aumento della cassa straordinaria del 21,26% (23.811.062 ore), mentre, per le ragioni che abbiamo sottolineato, aumenta vistosamente la cassa in deroga dell’80,24% (8.065.245 ore). Tutti i settori registrano tassi di crescita della cassa, ma i più colpiti sono: estrazione minerali metalliferi e non (1.410%), alimentari (86,35%), trasporti e telecomunicazioni (169,56%), servizi (213,91%), intermediari (175,47%).
Le province più colpite, cioè quelle che si collocano al di sopra della linea regionale sono: Cremona (161,29%), Lodi (231,60%), Mantova (264,73%), Sondrio (35,20%), Brescia (23,41%), Milano (14,97%), Bergamo (13,56%). Se invece consideriamo il numero equivalente delle ore in cassa integrazione per occupato, cioè il numero “aggiuntivo” di persone senza lavoro, troviamo: Bergamo al 6,20%, Brescia al 8,27%, Como al 5,65%, Cremona al 5,15%, Lecco al 7,19%, Lodi al 3,26%, Milano al 2,77%, Mantova al 7,08%, Pavia a 3,24%, Sondrio al 2,26%, Varese al 5,83%. La media regionale si colloca a 4,73%.
I licenziamenti
I dati sui licenziamenti con la legge 223/91 preoccupano, evidenziano una fase nuova nella quale molte aziende, sopra i 15 dipendenti, dopo aver ultimato il ricorso agli ammortizzatori sociali, o deciso di non ricorrere ancora alla cassa ordinaria e straordinaria, decidono di fare ricorso alla mobilità, interrompendo il rapporto di lavoro con i propri dipendenti.
Segno di una preoccupante difficoltà a resistere dopo anni di contrazione della domanda interna, degli ordini e dei fatturati. E anche, forse soprattutto, della poca fiducia rispetto alla possibile e auspicata ripresa, in considerazione di quanto prevedono alcuni autorevoli istituti per l’Italia in merito alla futura crescita, che per il 2014 dovrebbe attestarsi intorno ad un poco influente 0,7%, dopo anni di sprofondamento.
I licenziamenti dei mesi gennaio-febbraio 2014, cioè il ricorso all’indennità di mobilità attraverso la legge 223/91, segnano un aumento del 61,88% rispetto allo stesso periodo del 2013. Sono 5.846 i licenziati nei primi due mesi, dei quali 3.298 solo nel mese di febbraio. In quasi tutti i territori, esclusi quelli di Cremona, Monza-Brianza e Sondrio, si registrano aumenti. Gli incrementi più corposi di questi licenziamenti riguardano Mantova (+693%), Como (+ 160%), Pavia (+145%), Milano (+67%), Varese (+64%), Lecco (+61%), (vedi tabelle).
A questi licenziamenti si aggiungono nei primi due mesi le 35.291 domande di ricorso all’ASPI, entrata a pieno regime quest’anno - ingloba anche le indennità di disoccupazione ex legge 236/93, che riguardano le aziende sotto i 15 dipendenti. Rimarchiamo che in Lombardia assistiamo all’ aumento della disoccupazione in ragione della costante e prolungata perdita di posti di lavoro, e di un aumento della precarietà e del lavoro a tempo determinato.
Secondo Giacinto Botti, “Il nodo della Lombardia resta quello di creare lavoro e di riprogettare una struttura produttiva innovata e di qualità, senza la quale sarà tecnicamente impossibile creare le condizioni per la crescita e lo sviluppo del Paese, insieme all’occupazione” “E’ una fotografia - conclude - del cambiamento dovuto alle tante chiusure di attività e di aziende e della riduzione del tessuto produttivo, in particolare nel comparto artigiano, nel commercio e nelle PMI, mentre l’aumento della cassa in deroga è la conseguenza del fatto che tante aziende non possono più ricorrere alla cassa ordinaria o straordinaria”.