“La ritrovata convergenza con Cisl e Uil, almeno sull'obiettivo della contrattazione, non è frutto di qualche miracolo, ma è il prodotto di una comune preoccupazione e di una comune convinzione. Se il sindacato unitariamente non si riappropria della sua materia di esistenza, cioè la contrattazione, rischia di essere sempre a rimorchio delle suggestioni governative e delle pretese confindustriali”. Con queste parole, il segretario nazionale della Cgil Franco Martini ha commentato il confronto in atto tra Cgil, Cisl e Uil per rinnovare il  sistema delle relazioni industriali. Martini è stato intervistato durante Italia Parla su RadioArticolo1

 “Le ultime sortite del ministro Poletti – ha continuato Martini - hanno fatto capire che il governo non ha rinunciato a entrare a gamba tesa sulle questioni che appartengono alla vita autonoma delle parti sociali, e  tutto questo ha contribuito a creare una consapevolezza nuova con Cisl e Uil. Ci siamo arrivati anche grazie alle iniziative che unitariamente sono in campo nel paese, nei territori, e anche sui tavoli dei rinnovi contrattuali. Non sono state cancellate le diverse sensibilità, che affronteremo in corso d'opera, ma intanto, sul piano del merito, questa ritrovata convergenza è innanzitutto su un obiettivo di fondo: mettere in campo una proposta che affronti il tema del sistema delle relazioni industriali in questo paese. E' una risorsa per lo sviluppo e per la crescita”. 

Per ora, i sindacati hanno già indicato “i pilastri sui quali deve poggiare questa proposta”. Innanzitutto, dice il segrtario di Corso d'Italia, “la contrattazione, ma anche la partecipazione, un terreno nuovo e di sfida che il sindacato lancia alle imprese”. Poi ci sono le regole: “ Occorre dare regole certe ad un sistema di relazioni industriali, e qui abbiamo il vantaggio che ci arriviamo già con quattro accordi siglati con altrettante parti datoriali sul sistema della rappresentanza. Dopo il Testo unico con Confindustria, quindi, già disponiamo di una certa materia prima che va capitalizzata”.  

Dopo l'accordo con Confcommercio e dopo il primo incontro con Cgil, Cisl e Uil, però, il ministro del lavoro, Giuliano Poletti ha azzardato un'invettiva contro l'orario di lavoro. “Il tempismo che ha avuto – secondo Martini - è incredibile. Il ministro pone una questione di merito molto seria, nel momento esatto in cui Cgil, Cisl e Uil hanno ritrovato una volontà comune per avanzare una loro proposta autonoma. E' entrato a gamba tesa per dire che bisogna parlare d'altro. E' una cosa francamente sospetta. C'è sempre una vena all'interno di questo governo che pare infastidirsi ogni volta che il sindacato vuole ribadire un proprio protagonismo autonomo. Ciò detto, il merito non solo grida vendetta ma richiede qualche chiarimento. C'è una parte di verità nelle cose che dice Poletti, cioè la retribuzione deve essere legata a obiettivi, risultati, qualità e altro. Però vorremmo rispondere che queste cose già accadono da anni. Sembra quasi di avere di fronte un ministro che non sa cosa succede nei luoghi di lavoro.”

Si parla tanto di “lavoro agile”, conclude Martini , e “presumo che Poletti si riferisca al lavoro dipendente, perché il lavoro autonomo già di per sé è nato agile. Ma dei 20 milioni di lavoratori dipendenti italiani, tra pubblici e privati, quali sono i settori dove c'è tutta questa agilità lavorativa? La stragrande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori nel nostro paese è estranea all'idea del lavoro che ha il ministro. Questo non per negare la necessità di introdurre e diffondere i processi di innovazione tecnologica, ma la stragrande maggioranza delle prestazioni lavorative non possono scindersi dal nesso che vieta l'orario di lavoro e la destinazione e la finalizzazione del prodotto. Abbiamo già vissuto questa situazione all'epoca del decentramento produttivo e abbiamo prodotto l'auto-sfruttamento di chi lavora. E' una riedizione in chiave moderna del cottimo, che è roba ottocentesca. Quindi di innovazione e di moderno, questo ragionamento ha molto poco”.