La Cassa integrazione arriva anche nello stabilimento del Jobs Act. La direzione aziendale della Sata di Melfi ha infatti comunicato formalmente alla Fiom Cgil e ai delegati di stabilimento di aver aperto la procedura per la cassa integrazione ordinaria per 1071 operai e 13 impiegati.

L'azienda ha dichiarato che i lavoratori saranno sospesi dal lavoro dal 26 settembre al 7 ottobre. La ragione della sospensione sarebbe determinata dalla “necessità di adeguare flussi produttivi della vettura Punto alla temporanea contrazione della diretta domanda di mercato”.

La decisione segue, secondo quanto riferito dalla Fiom in una nota, ad altre scelte adottate nel corso dei mesi trascorsi che hanno visto un utilizzo degli impianti a 20 turni per gli addetti alla Renegade e 500X e centinaia di lavoratori in trasferta in altri stabilimenti dislocati in altre regioni.

Il sindacato, tra l’altro, chiede da mesi un confronto unitario con la direzione aziendale sui volumi produttivi, la turnistica e la conseguente occupazione.  Ed ha formalizzato per iscritto una richiesta di esame congiunto alla direzione aziendale.

“Ai lavoratori della Sata sono state tagliate le pause e aumentati i ritmi produttivi, comandati gli straordinari al sabato e alla domenica e infine imposti 20 turni, con il consenso e il sostegno dei sindacati firmatari il contratto specifico – affermano Michele De Palma, responsabile automotive Fiom Cgil nazionale e Roberto D'Andrea, segretario generale Fiom Basilicata -. Inoltre, il rischio di un effetto domino anche sull'indotto e la componentistica potrebbe coinvolgere un numero maggiore di lavoratori”.

“La Fiom – concludono i sindacalisti - ha sempre sostenuto che con i soli due nuovi modelli (500X e Renegade) su una linea e la Punto, in produzione ormai da tanti anni, su un'altra linea non si sarebbe garantito il lavoro per tutti. Quindi chiediamo un confronto unitario con il coinvolgimento dei lavoratori che abbia come obiettivi: nell'immediato la riduzione dell'impatto economico sui lavoratori e l'apertura di un confronto su un piano industriale che assicuri un ‘nuovo modello’ per garantire il futuro occupazionale”.