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Congedi parentali più lunghi, ammortizzatori sociali più brevi, eliminazione dei contratti a progetto. Sono queste le novità principali degli ultimi decreti attuativi del Jobs Act approvati dal Consiglio dei ministri nella serata di giovedì 11 giugno. Iniziamo dai due decreti che, avendo già svolto il proprio iter parlamentare, sono stati approvati definitivamente e quindi entreranno subito in vigore. Il primo riguarda i congedi parentali: padri e madri potranno beneficiare del congedo retribuito al 30 per cento fino all’età di sei anni del bambino (prima era fino a tre) e del congedo non retribuito fino all’età di 12 anni del bambino (prima era fino a otto). Ridotto, inoltre, da 15 a cinque giorni il periodo di preavviso all’impresa, prevista la possibilità di trasformare il congedo parentale in part-time al 50 per cento.
Il secondo decreto riordina le forme contrattuali. Vengono aboliti i contratti di collaborazione a progetto, dal 1 gennaio 2016 non potranno più essere attivati (mentre quelli già in essere proseguiranno fino alla loro scadenza). A partire da quella data, spiega il comunicato del Consiglio dei ministri, “ai rapporti di collaborazione personali che si concretizzino in prestazioni di lavoro continuative ed etero-organizzate dal datore di lavoro saranno applicate le norme del lavoro subordinato”. Novità anche sul part-time, con la possibilità per il datore di lavoro di chiedere al lavoratore un impegno maggiore (comunque non superiore al 25 per cento delle ore lavorate a settimana).
All’interno di questo secondo decreto è anche contenuta la questione delle mansioni. Il provvedimento stabilisce che il lavoratore possa essere assegnato a qualunque mansione del livello di inquadramento, e non più soltanto a mansioni “equivalenti”, dove si utilizza cioè la medesima professionalità. Nel caso di ristrutturazioni o riorganizzazioni aziendali (e in quelli individuati dai contratti collettivi) l’impresa potrà modificare le mansioni di un lavoratore fino a un livello, senza però mutare il suo trattamento economico, fatta eccezione per quello accessorio.
Vi sono poi altri quattro decreti che sono stati approvati in via preliminare, e che quindi saranno portati all’esame del Parlamento. Iniziamo dalla cassa integrazione: la durata massima viene ridotta a 24 mesi in cinque anni, che possono salire a 36 con il ricorso ai contratti di solidarietà. Nello stesso tempo, però viene estesa a tutte le imprese sopra i cinque dipendenti (finora era sopra i 15). Il riordino, infine, prevede anche la cosiddetta norma bonus-malus: “la riduzione del 10 per cento dell’importo del contributo fisso alle imprese è stato sostituita da un contributo addizionale crescente in ragione alla durata dello strumento, per disincentivare usi non coerenti”.
Viene istituita l’Agenzia dell’Ispettorato del lavoro, che riunirà nella medesima struttura i servizi ispettivi di ministero del Lavoro, Inps e Inail, con l’obiettivo di razionalizzare la programmazione degli interventi e la rete presente sul territorio. Viene anche istituita l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro: vi partecipano Stato, Regioni e Province autonome, la vigilanza è affidata al ministero del Lavoro; i suoi compiti saranno relativi alla gestione di servizi per l’impiego, politiche attive e Aspi.
Nell’ambito dei decreti attuativi del Jobs Act si avvia la revisione della disciplina dei controlli a distanza del lavoratore, modificando quanto previsto dallo Statuto dei lavoratori. Inoltre viene modificata, si legge ne comunicato del Consiglio dei ministri, “la cosiddetta maxisanzione per il lavoro nero, con l’introduzione degli importi sanzionatori ‘per fasce’, anziché legati alla singola giornata di lavoro irregolare”. Infine, in uno dei quattro decreti legislativi che ora andranno all’esame del Parlamento si prevede l’istituzione di un “assegno di ricollocazione”, cioè di un nuovo strumento finalizzato al fatto che se un lavoratore perde un lavoro dopo sei mesi può ottenere un assegno utilizzabile per acquistare servizi per ricollocamento”.