Continuano le perplessità sulla parte del Jobs Act che riguarda i controlli a distanza. Mentre il governo continua a sostenere che si tratta solo di un aggiornamento obbligato dello Statuto dei lavoratori rispetto alle nuove tecnologie, dubbi di un certo peso vengono sollevati non solo dai sindacati ma dal garante della privacy. Per Antonello Soro, infatti, il decreto all’esame deve impedire "forme ingiustificate e invasive di controllo" dei lavoratori, "nel rispetto della delega e dei vincoli della legislazione europea", evitando "una indebita profilazione delle persone che lavorano".

Soro ha aggiunto, nella sua lunga relazione annuale al Parlamento, che ormai "nei rapporti di lavoro, il crescente ricorso alle tecnologie nell'organizzazione aziendale, i diffusi sistemi di geolocalizzazione e telecamere intelligenti hanno sfumato la linea – un tempo netta – tra vita privata e lavorativa. Un più profondo monitoraggio di impianti e strumenti non deve tradursi in una indebita profilazione delle persone che lavorano. Occorre sempre di più coniugare l'esigenza di efficienza delle imprese con la tutela dei diritti".

La parola chiave è “profilazione”: quel meccanismo che permette ai grandi siti e motori di ricerca di scandagliare in profondità comportamenti, gusti e abitudini di chi naviga nel web: tutti dati che hanno grandissimo valore per la costruzione di messaggi pubblicitari non più lanciati “nel mucchio”, ma cuciti a misura dei singoli utenti come un vestito di sartoria. Insomma: maneggiare norme su queste materie è delicatissimo e a che vedere non solo sul controllo dei lavoratori, ma anche sui possibili utilizzi per fini commerciali di queste informazioni.