Con più di 100 mila decessi ogni anno, i tumori professionali rappresentano la causa principale di morte sul lavoro in Europa. Il costo sociale è devastante, stimabile dai 270 ai 610 miliardi di euro. Lo afferma uno studio realizzato dagli istituti Risk & Policy Analysts e Fobig per conto dello European trade union institute (Etui) che sarà presentato il 14 novembre a Bruxelles.

Nel dettaglio, è stata presa in esame l'esposizione a 25 agenti cancerogeni o a situazioni di lavoro a rischio (ad esempio amianto, benzene, silicio, lavoro notturno o sui turni, emissioni di motori diesel). La differenza così marcata tra le due stime proposte (come detto, si passa da 270 a 610 miliardi) deriva dal fatto che i conteggi, molto dettagliati, si basano su varie proiezioni e sulla percentuale di tutti i casi di cancro imputabili al lavoro, prendendo in considerazione tre tipi di costi: quelli diretti per i sistemi sanitari e coloro che si ammalano; quelli indiretti, associati a perdite monetarie dovute alla cessazione del lavoro e ai mancati guadagni; e infine i costi definiti “intangibili”, che riguardano aspetti associati alla malattie come la riduzione della qualità della vita, il dolore, la sofferenza.

“Il dossier dimostra una volta di più quanto il costo sociale dei tumori correlati al lavoro sia enorme – afferma Tony Musu, esperto di rischio chimico presso l'Etui – . Sono i lavoratori e le loro famiglie che devono sobbarcarsi la quota più consistente. Una situazione ingiusta, socialmente ed economicamente inaccettabile. L'Unione europea deve intervenire per porre fine alle malattie che si possono prevenire”.

(mm)