È stata una due giorni dedicata ai diritti dei migranti, la Conferenza nazionale della Cgil dal titolo "Nuove sfide, universalità dei diritti, libera circolazione", che si è chiusa oggi (13 dicembre) a Roma al centro congressi Frentani. A seguire i lavori una platea di cittadini stranieri, delegati, funzionari e sindacalisti che nel corso del tempo sono arrivati nel nostro Paese, hanno conosciuto la Cgil e scelto di farne parte. Oggi si impegnano nel sindacato, ognuno nei rispettivi ruoli, per garantire le tutele non solo ai nuovi italiani, ma a tutti i lavoratori. Non si pensi però a un'iniziativa di settore. Lo ha detto chiaramente dal palco Ibrahima Niane, nato a Pikine, Senegal, oggi segretario generale della Fillea Cgil di Brescia: "Se c'è qualcuno che ha meno diritti degli altri, allora non si salva più nessuno, che sia straniero o italiano: per questo i problemi dei migranti in realtà sono i problemi di tutti".

La conferenza ospita tanti volti e voci. Come Jamal Qaddorah, Cgil Campania, responsabile dell'immigrazione e direttore dell'Inca regionale: "Sono palestinese, vengo dalla Giordania. Sono arrivato in Italia per studiare nel 1982 - esordisce -. Ho frequentato Lettere e filosofia a Napoli, da studente ero già un attivista. Per mantenermi ho fatto parecchi lavori: ho lavorato a Villa Literno nella raccolta dei pomodori, poi in una pizzeria e nella lavorazione del tabacco. Dovevo guadagnare qualcosa per mantenermi negli studi: a pensarci bene, è quello che fanno oggi molti italiani".

A Villa Literno risale il ricordo più difficile: "Abbiamo lavorato una settimana senza essere pagati, siamo stato perfino minacciati con una pistola. A quel punto è stata proprio la Cgil a portarci dal prefetto di Caserta per segnalare la situazione". La lotta del sindacato era già in atto: "Nel 1988 abbiamo organizzato il primo sciopero degli migranti a Villa Literno: un anno dopo è morto Jerry Masslo. Ora ci troviamo a scioperare insieme ai lavoratori italiani, ma gli stranieri lo hanno fatto prima". Nel frattempo è iniziata l'esperienza in Cgil: "Nel 1986 mi hanno chiesto una mano per gestire la prima sanatoria in Italia, nel 1988 fu creato il primo coordinamento immigrati della Cgil nazionale. A Napoli abbiamo costituito quindici associazione di migranti, provenienti da diversi paesi, ma non ci consideriamo una categoria: già allora gli stranieri andavano all'ufficio migranti per ottenere il permesso di soggiorno, ma poi si iscrivevano alle singole categorie. È questa la forza della Cgil, gli stranieri non si sono mai ghettizzati, sono prima di tutto lavoratori. Oggi la tutela dei migranti è per noi naturale, nell'ordine delle cose: purtroppo gli stranieri vengono strumentalizzati dai partiti politici, mi dispiace non per loro, ma per gli italiani".

Jean-René Bilongo, della Flai nazionale, ha incontrato il sindacato a Castel Volturno. "Sono arrivato dal Camerun nel 2000 - racconta -, ho subito partecipato alle battaglie sociali che facevamo sul territorio. In breve sono diventato attivista, ho preso parte a lotte e scioperi per molti anni: poi è partito un percorso graduale che mi ha portato, oggi, a diventare responsabile per l'immigrazione nella Flai". Il sindacalista ricorda i lavori passati: "Moltissimi - dice -: ho fatto il muratore, il bracciante agricolo, perfino il mandriano. Poi ho iniziato a lavorare nelle cooperative, da lì è iniziata la mia esperienza di militanza".

Sono vari i percorsi che portano ad avvicinarsi al sindacato. Può capitare, ad esempio, di farsi aiutare nella dichiarazione dei redditi. Charles Tchameni Tchienga oggi fa parte del comitato direttivo della Filt e della Cgil di Ravenna, è anche delegato sindacale. "Sono camerunense e quando arrivai in Italia facevo il facchino: mi sono rivolto per la prima volta a una sede sindacale proprio per la compilazione del 730". Sempre a Ravenna lavora Sokol Palushaj, della Filcams, di origine albanese: "Ho conosciuto la Cgil perché era l'unico sindacato che faceva partecipare i migranti alla vita pubblica. Nel 2003 mi hanno chiesto di entrare a farne parte: ero ancora acerbo, ovviamente, in Albania dopo quarant'anni di dittatura non esisteva il sindacato. Solo qui ho capito cos'è un'organizzazione dei lavoratori".

"Io sono italiano", dice Tall Papa Moctar, responsabile coordinamento migranti della Cgil di Parma. "Sono nato in Senegal, ma italiano", ci tiene a specificare. "Sono arrivato in Italia vent'anni fa, ho lavorato con agenzie interinali, poi in un'azienda metalmeccanica a Parma: nel 1999 mi sono iscritto alla Fiom. Partecipavo agli scioperi, così ho conosciuto la Cgil, poi ho lavorato in una multinazionale americana che produce sementi: mi sono candidato come Rsu, ero l'unico nero, sono stato eletto con un alto consenso". Per lui la Cgil è anche "un'agenzia di integrazione per i migranti", così la definisce. Guardando alla situazione di oggi, Moctar è preoccupato: "Ne vedo di tutti i colori. Pensa solo agli episodi di Como e Forlì, ai neofascisti contro le associazioni che sostengono i migranti. L'estrema destra non ha colore, è nemico di tutti: i cittadini insieme devono sconfiggere la paura, e devono farlo attraverso il lavoro. Nelle aziende del nostro territorio gli italiani lavorano ottimamente insieme agli stranieri, sono integrati bene: si tratta di trasferire questo clima all'interno della società". Per farlo è essenziale anche lo Ius soli: "Un bambino che nasce qui è italiano - chiarisce -: è un valore aggiunto della società, lo Stato lo deve riconoscere e concedergli una possibilità".

A tracciare un bilancio è Kurosh Danesh, responsabile Ufficio immigrazione della Cgil nazionale: "La due giorni è andata molto bene. Credo che il sindacato confederale avrà un futuro virtuoso se porterà avanti con forza l'idea di uguaglianza e universalità dei diritti. Bisogna mettere insieme la lotta di tutti contro il nemico comune, ovvero le ingiustizie nel mondo del lavoro. Il nostro deve essere davvero un sindacato dei diritti: per i migranti, certo, ma anche per i diritti di tutti. Questi i messaggi che abbiamo voluto lanciare dalla conferenza: il giudizio, dunque, non può che essere positivo".