Sono passati poco più di dieci anni da quando le proposte della cosiddetta Commissione Hartz (“Servizi moderni sul mercato del lavoro”) furono gradualmente riversate, in maniera più o meno omogenea e completa, in leggi dello Stato. Il suo presidente, Peter Hartz - iscritto alla Spd e al sindacato metalmeccanico Ig Metall –, messo ai vertici della commissione dal cancelliere Gerhard Schröder, era allora un potente manager della Volkswagen e sembrava personificare il principio della “Mitbestimmung” (la co-decisione modello tedesco).

Del resto aveva già acquisito una certa reputazione negli anni 80 contribuendo alla trasformazione strutturale, ma socialmente sostenibile, dell’industria dell’acciaio. Passato alla casa di Wolfsburg nel ‘93, fece introdurre in piena recessione la settimana di 4 giorni lavorativi, salvando decine di migliaia di posti di lavoro. In seguito impose il progetto 5000 x 5000 che prevedeva l’assunzione di 5000 disoccupati con salari mensili di 5000 marchi (2556 euro).

Oggi però la sua fama si è oscurata. E non tanto per la realizzazione legislativa dei suggerimenti di allora, da cui ha preso le distanze da tempo, ma per avere, in veste di capo del personale della casa di Wolfsburg, “addomesticato” il Consiglio di fabbrica, corrompendolo con soldi, viaggi di lusso e visite pagate ai bordelli, cui egli stesso partecipava. Nel 2005 Hartz ha rassegnato le dimissioni dal direttivo Vw. Agli inizi del 2007 è stato condannato a due anni di reclusione con la condizionale e il pagamento di 576 mila euro di multa. Oggi, 70enne, vive quasi del tutto ritirato (è consulente per alcuni progetti regionali destinati ai disoccupati di lungo periodo), nello Saarland. Composta da rappresentanti del mondo dell’economia, della scienza, delle chiese, dei sindacati, dei partiti politici e da consulenti aziendali, la commissione fu istituita con l’ambizioso obiettivo di fornire una più efficiente assistenza ai senza lavoro, ripromettendosi di ridurne il numero (di due milioni) in tre anni.

Così in effetti è avvenuto, almeno dal punto di vista statistico e sia pure con qualche anno di ritardo. Eppure ancora oggi si litiga su quale merito abbiano avuto tali riforme per i successi economici della Germania e la sensazionale riduzione della disoccupazione. È in particolare Hartz IV a tagliare in due la società tedesca tra sostenitori da una parte e avversari dall’altra. La normativa in questione caratterizzò il periodo finale del cancellierato di Gerhard Schröder, contribuendo al tramonto della coalizione rosso-verde, all’ascesa del partito della Sinistra (“Die Linke”) e alla spaccatura della stessa Spd.

Insomma, anche a distanza di tempo, si continua a discutere se le riforme Hartz abbiano effettivamente provveduto a trasformare la Germania da “malato d’Europa”, come allora veniva definita, a paese modello, con una disoccupazione in ritirata per la prima volta in modo chiaro e durevole dopo decenni di deriva contraria. Il “Sachvertändigenrat”, i cosiddetti 5 saggi che stilano annualmente un rapporto sullo stato economico-sociale complessivo del paese) nella sua perizia più recente nomina tre motivi per spiegare il positivo sviluppo occupazionale: “la favorevole congiuntura mondiale, le politiche contrattuali favorevoli all’occupazione e le riforme del mercato del lavoro”. Ma, ammette, è “quasi impossibile quantificare il contributo rispettivo dei tre fattori”.

Lo stesso Iab, Istituto di ricerca
dell’“Ufficio federale del Lavoro”, aveva già espresso un “bilancio prudentemente positivo”. Grazie a Hartz più disoccupati hanno trovato lavoro in periodi di ripresa. In precedenza, secondo lo stesso Iab, si riteneva invece che la disoccupazione variasse a seconda della congiuntura ma che in prospettiva sarebbe cresciuta sempre di più. Dal punto di vista economico una maggiore pressione nei confronti dei senza lavoro ha avuto quindi un effetto positivo.

L’accorpamento del sussidio di disoccupazione
con quello sociale a un livello più basso, come indicato dall’Hartz IV, e l’allargamento dei mini-job e del lavoro interinale hanno costretto anche i lavoratori anziani, uomini e donne, ad accettare lavori sotto il livello della loro qualificazione. Nel frattempo si è allargato anche il settore dei bassi salari, dove i livelli di vita sono al limite della sopravvivenza.

Nel suo ultimo rapporto scritto in occasione del giubileo la “Confederazione paritetica”, che raggruppa più di 10 mila organizzazioni attive nel sociale e nel settore sanitario, arriva a ben più drastiche conclusioni: “La riforma Hartz non solo è fallita su tutta la linea – vi si legge – ma ha contribuito all’americanizzazione del mercato del lavoro tedesco e a una profonda divisione della società”. Argomentazioni, queste, che sono riprese anche dal dibattito politico.

Per la Linke, i critici nella Spd e una gran parte
dei Verdi, Hartz IV è sinonimo di povertà istituita per legge. Altrettanto categorico è il sindacato. Isolde Kunkel-Weber, del direttivo di Ver.di che fece parte della commissione, ha sottolineato in un suo recente contributo come in realtà le idee della stessa commissione siano state in buona parte stravolte dai politici che allora avevano potere decisionale (oltre allo stesso Schröder, Wolfgang Clement, ministro dell’Economia e del Lavoro e Roland Koch, presidente del Land Hessen), e aggiunge: “Chi oggi ritiene che il positivo sviluppo del mercato del lavoro tedesco sia dovuto solo alle riforme, chiude volutamente gli occhi di fronte ai disastrosi effetti collaterali di questa ricetta la cui responsabilità è politica: drastico allargamento dell’occupazione precaria, continua discesa dei salari verso il basso, impoverimento dei disoccupati di lungo periodo e dei percettori di bassi salari che, nonostante il lavoro a tempo pieno, debbono integrare il loro reddito per poter sopravvivere”.

Opposto il parere della Cancelliera Angela Merkel (Cdu), che in sostanza si è appropriata dell’opera del suo predecessore, il quale a sua volta dà un giudizio complessivamente positivo sulle riforme. Anzi, la Merkel consiglierebbe le innovazioni di allora ai vicini delsud Europa. In effetti non occorrono sollecitazioni: è quanto di fatto sta già avvenendo.