“Al Mezzogiorno non servono bassi salari, ma lavoro e politiche per il lavoro, per chiudere e non allargare il divario con il resto del paese”. A dirlo è Susanna Camusso, segretaria confederale della Cgil, intervenendo sui dati di Bankitalia relativi al costo della vita nel Mezzogiorno e sulla proposta di reintrodurre al Sud le gabbie salariali. “Sebbene sia inutile ripetere che chi invoca la discriminazione semina nel paese divisioni e difficoltà e non certo soluzioni”, la dirigente sindacale sottolinea che “differenze salariali vi sono già nel paese: la stessa Banca d'Italia ci informa che i lavoratori che hanno solo i minimi contrattuali sono il 10 per cento al Nord, il 30 per cento al Centro ed oltre il 40 al Sud. Un dato che permette di vedere come le retribuzioni non siano omogenee”.

Alla luce di questi dati, “qual è l'obiettivo di questa tempesta nel nulla? Quella di continuare a scardinare il sistema nazionale, a partire dalla progressività fiscale, che è una strada, neanche tanto elegante, per mascherare la tutela dell'evasione equamente distribuita nel paese? Colpisce, però, che mentre molti commentano le già esistenti differenze, a nessuno venga il dubbio che quando si parla di salario ci deve essere una stretta relazione con la qualità e quantità del lavoro con la professionalità. Si vuol forse sostenere che ad uguale lavoro non debba corrispondere uguale retribuzione solo in ragione del luogo di nascita”.

“Certo il lavoro non viene mai considerato come punto di partenza, infatti, - spiega la segretaria confederale - troppi in queste ore, esaltando il teorico e separato modello contrattuale, dimenticano che quel modello non tutelerà le retribuzioni dal costo della vita e, proprio in ragione di questo, sarà di maggior svantaggio proprio per le aree del paese la cui distribuzione non è omogenea e che hanno un maggior costo della vita. Inoltre, quel modello, proprio perché non allarga al territorio la contrattazione, così come ribadisce Confindustria, non metterà in moto una virtuosa redistribuzione della produttività e dei profitti, mantenendo
quella profonda diseguaglianza che la crisi ha drasticamente evidenziato”.

Intanto, precisa Camusso, “si nasconde, per favorire ulteriori divisioni, il senso del contratto nazionale di lavoro, ovvero delle tutele e dei diritti universali validi per tutte e tutti, indipendentemente dal luogo di lavoro, dalla dimensione, dal territorio. In questo senso ben vengano le dichiarazioni sull'autonomia e la diffusione della contrattazione, che sono una conferma di come l'accordo separato centralista e accentratore non sia la risposta giusta”.

“La preoccupazione profonda - continua la sindacalista - resta invece sulla faciloneria con cui parti della maggioranza di governo si propongono la divisione del paese, coltivando l'illusione pericolosa e drammatica che una parte, il Nord, possa immaginare un suo futuro affossando il Mezzogiorno. Troppi annunci e nessun fatto si ripetono sul Mezzogiorno mentre proseguono le scelte di impoverimento: si pensi solo alle ferrovie in Sicilia, ai processi di deindustrializzazione della Sardegna, ai silenzi Fiat di Pomigliano D'Arco. Un governo che avesse a cuore un'uscita positiva dalla crisi - conclude Camusso - aprirebbe un confronto con le parti sociali per definire politiche di breve e lungo periodo. Si domanderebbe quali politiche per attrarre investimenti e creare lavoro a partire dal welfare. Al Mezzogiorno non servono bassi salari, ma lavoro e politiche per il lavoro, serve chiudere e non allargare il divario".