Da molti mesi, in primo luogo in Regione Emilia Romagna, dove si è costituita la Commissione di “Ricerca e studio sulle cooperative spurie” che studia il fenomeno delle false cooperative che somministrano manodopera attraverso appalti di dubbia legittimità, si cerca di affrontare un tema che la Flai Cgil conosce, purtroppo, molto bene. Dopo tanti anni di nostre denunce pubbliche, ma soprattutto anche grazie alla vertenza Castelfrigo, si sta affrontando un problema che sta minando la nostra economia per i fenomeni di concorrenza sleale e le possibili infiltrazioni della malavita organizzata, senza naturalmente dimenticare gli episodi di sfruttamento dei lavoratori.

Se il fenomeno viene osservato solo guardando le false cooperative come unico soggetto che delinque commettiamo, però, due errori. Il primo è che queste false cooperative sono imprese appaltatrici e, quando c’è un appalto illegittimo, c’è sempre un committente che le utilizza tramite terziarizzazioni di dubbia legittimità. Aspetto, quest’ultimo, che non viene sufficientemente approfondito ed analizzato. Il secondo è che, al posto delle false cooperative, stanno esplodendo le srl semplificate. Anch’esse, come le false cooperative, con capitali sociali ridicoli e rappresentate quasi sempre da prestanome.

Il meccanismo è da anni sempre lo stesso: il committente che appalta ad un consorzio, il quale a sua volta subappalta alle sue consorziate le attività ricevute in appalto. Il committente ottiene servizi di manodopera a prezzi stracciati e recupera l’iva, mentre le imprese appaltatrici, cooperative o srl, non versano iva, irap, contributi e spesso tfr per poi svanire nel nulla.

Un meccanismo che ha precisi responsabili e che vede coinvolti anche i committenti che, spesso, affidano le loro lavorazioni da molti anni agli stessi soggetti, in giacca e cravatta, che si avvalgono però di prestanome, a cui affidare la gestione delle srl o delle coop spurie, su cui ricadranno tutte le responsabilità. Prestanome che non potranno versare nulla allo Stato ed ai lavoratori perché non hanno nulla che possa essere “aggredito” patrimonialmente.

Qualche settimana fa, l’operazione “The butcher” (inglese per “il macellaio”) della Guardia di finanza di Rho, ha portato alla scoperta di una frode fiscale da quasi 300 milioni di euro messa in atto da un’associazione per delinquere tramite un consorzio di società del settore della macellazione con sede nel capoluogo lombardo. Quel consorzio gestiva 15 srl e cooperative (quasi tutte con sede legale nello stesso indirizzo di Milano) ed ha lasciato i segni anche sul nostro territorio regionale. Infatti, presso i macelli Sassi di Parma e Opas (ex Italcarni) di Carpi (in provincia di Modena), entrambi operatori strategici nella filiera del prosciutto di Parma, sono in corso azioni di sciopero per cercare di tutelare gli oltre 100 lavoratori in appalto dipendenti di imprese coinvolte nell’operazione della Guardia di Finanza.

Va bene contrastare chi delinque, ma bisogna anche eliminare il terreno fertile in cui queste operazioni germogliano, cioè gli appalti di dubbia legittimità, avendo anche il coraggio politico d’intervenire immediatamente sul piano legislativo, ad esempio ripristinando il reato penale nella somministrazione di manodopera (depenalizzato nel 2016) e reintroducendo il reato della somministrazione fraudolenta di manodopera (abrogato con il Jobs Act).

Infine, oltre alle leggi e alla repressione dei reati da parte delle forze dell’ordine, sarebbe opportuna anche un po' di responsabilità sociale da parte delle imprese committenti che non possono non accorgersi di quanto accade nei loro appalti. Se si continua a competere con questa organizzazione del lavoro non può esserci un futuro per nessuno, nemmeno in una filiera così importante come quella del prosciutto di Parma.

Umberto Franciosi è segretario generale Flai Cgil Emilia Romagna