Nel novembre 1998, esattamente 20 anni fa, prendeva il via l'esperienza delle Rappresentanze Sindacali Unitarie, le Rsu, nel pubblico impiego. L'accordo quadro del 7 agosto di quell'anno aveva infatti sancito che le organizzazioni sindacali avrebbero rinunciato “formalmente ed espressamente” a costituire le Rsa previste dallo Statuto dei Lavoratori, per sperimentare (come nel privato) questa nuova forma di rappresentanza, attraverso il voto di lavoratrici e lavoratori.

Voto che si svolse dunque per la prima vota il 22, 23 e 24 novembre 1998. Tra le candidate di quella prima storica tornata c'era Paola Scaramazza, all'epoca lavoratrice dell'Ufficio Registro del ministero delle Finanze nella sede di Perugia, oggi Agenzia delle Entrate. “Ricordo che aspettavamo con grande speranza quell'appuntamento – racconta Paola, che sta partecipando al congresso della Fp Cgil che si svolge nel capoluogo umbro – perché fino ad allora i rappresentanti sindacali da noi erano un po' come degli ufo, la contrattazione non esisteva e i dirigenti erano ancora quelli coi manicotti ai polsi”.


Paola Scaramazza

Le elezioni andarono molto bene per la Cgil che si affermò come primo sindacato, con una partecipazione quasi totale: “L'introduzione delle Rsu rappresentava una possibilità di cambiamento e così venne percepita dai lavoratori – spiega ancora Paola – ma le maggiori difficoltà che incontrammo all'inizio dipesero dalla controparte, che non era preparata a quel cambiamento. Di certo però – continua - in questi venti anni di Rsu sono stati fatti progressi molto importanti e grandi cambiamenti. Abbiamo senz'altro seminato bene, ora però credo che ci sia bisogno di un nuovo strappo, per ridare forza e slancio alle Rsu, perché il calo della partecipazione (seppure ancora alta) e l'avanzata dei sindacati autonomi devono essere campanelli d'allarme”.

Scondo Mimmo Sardelli, che lavora alla Procura di Taranto ed è un altro Rsu “della prima ora”, in questi 20 anni la rappresentanza sindacale nel pubblico ha attraversato tre fasi. “La prima è stata quella della novità e del grande entusiasmo – spiega Mimmo – poi è arrivata quella che io chiamo “repressione brunettiana”, nella quale noi Rsu abbiamo cercato con le unghie e con i denti di ritagliarci uno spazio di azione e non restare schiacciati. Infine, c'è la stagione attuale, aperta grazie al nuovo contratto, una stagione che offre nuovi spazi di azione. Spazi che però vanno conquistati”.


Mimmo Sardelli

Per Mimmo, al di là delle stagioni, le Rsu hanno avuto il grande merito di salvaguardare il sindacato dal destino toccato invece alla politica. Quello scollamento tra le persone e la rappresentanza che, nella stagione della “disintermediazione”, è un pericolo serio per la democrazia. D'altronde la “mediazione” è una parte fondamentale dell'attiva di Rsu: ne è convinta anche Laura Paradiso, Rsu dal 2010 del Comune di Roma, VII Municipio, dove lavora come assistente sociale.


Laura Paradiso

“Io penso che essere Rsu oggi, in un ente come il Comune di Roma (23mila dipendenti) e ancor più nel mio settore, i servizi sociali – dice Laura - significhi avere l'onere e l'onore di rappresentare non solo i lavoratori e le lavoratrici, ma anche gli utenti dei servizi, e quindi i cittadini. E allora, la mediazione va trovata tra gli interessi dell'ente e quelli di chi ci lavora, ma anche tra questi ultimi e le aspettative dei cittadini. E poi – aggiunge – penso che le Rsu debbano saper mediare anche con le strutture sindacali, perché l'autonomia è un nostro punto di forza e va preservato”.

Ma quali sono oggi le maggiori difficoltà con cui un rappresentante sindacale di base deve fare i conti? Secondo Marco Zatini, Rsu della Città Metropolitana di Firenze (ex Provincia), un grosso problema è rappresentato dalla scarsità di agibilità sindacali: “Forse quando ho iniziato a fare Rsu ce n'erano anche troppe – spiega – ma oggi non bastano assolutamente, perché l'attività di rappresentante sindacale di base è una missione, non si può fare solo nell'orario di lavoro, altrimenti il rischio è di non riuscire a rispondere alle aspettative di chi ti ha votato e scelto per rappresentarlo”.


Marco Zatini

Un altro problema avvertito dai delegati della Fp è l'atteggiamento delle altre sigle sindacali, che “credono poco nel ruolo della Rsu”. Ma anche molte amministrazioni non hanno chiare le potenzialità di questa figura: “Spesso il delegato Rsu viene visto solo come quello che deve dare risposte di carattere individuale al lavoratore – osserva Nicola Gallo, Rsu del Comune di Venezia, operatore di polizia municipale – ma in realtà noi siamo a tutti gli effetti soggetti contrattuali ed è attraverso la contrattazione che possiamo concorrere ad un miglioramento della condizione collettiva e dei servizi”.


Nicola Galli

Cosa potrebbe servire allora a migliorare l'azione di chi rappresenta il sindacato nei posti di lavoro? La risposta a questa domanda è quasi unanime: formazione e reti. La prima perché è un "investimento per il futuro", consente di costruire un gruppo dirigente di qualità, oltre a dare credibilità al sindacato di fronte ai lavoratori. La seconda perché il delegato di base non è un “tuttologo” e non può avere tutte le risposte, ma se c'è un canale diretto con le strutture sindacali a tutti i livelli (“e su questo la Fp è messa bene”, dicono i delegati) allora si riesce ad arrivare quasi dappertutto.

Foto di Marco Merlini