Le nostre nonne ci dicevano “chi non fa non sbaglia”, esortandoci ad andare comunque avanti in un percorso anche se ci fossimo trovati davanti a un ostacolo o alla necessità di migliorare il tiro. Sulle misure a favore della maternità e della genitorialità, la penso un po’ così: abbiamo finalmente intrapreso un percorso che punta all’ampliamento delle tutele, all’estensione della platea delle beneficiarie, al sostegno alle misure di promozione delle iniziative a favore della conciliazione. A fronte di risorse scarse, abbiamo utilizzato tutti gli strumenti ora a disposizione per dare a questi interventi i mezzi adeguati perché possano realmente andare a incidere positivamente sulla vita delle donne e degli uomini di questo paese.

La legge di Stabilità 2016 contiene una parte di queste misure: il rifinanziamento e l’estensione del voucher baby-sitting anche alle lavoratrici autonome o imprenditrici; la possibilità di cumulare il riscatto degli anni di laurea con il riscatto del periodo di maternità facoltativa fuori dal rapporto di lavoro; il computo del periodo di congedo di maternità ai fini della determinazione dei premi di produttività; l’aumento da un giorno a due del congedo obbligatorio per i padri. Troppo poco? Scontato? Misure ovvie, di semplice buon senso (penso ai premi di produttività)? Può darsi, ma prima non c’erano, ora ci sono.

Per di più, il decreto 80/2015 attuativo del Jobs Act nella parte che riguarda la conciliazione, prevede un complesso di misure di portata più ampia, che man mano stanno arrivando a compimento. Intanto introduciamo il congedo a ore; ampliamo la possibilità di fruizione dei congedi parentali, con l’opportunità per le lavoratrici di utilizzare il congedo retribuito al 30% fino ai 6 anni del bambino e non più fino a 3, e di quello non retribuito fino ai 12 anni del bambino (ora fino a 8). Estendiamo i diritti relativi a maternità e congedi ai genitori adottivi e affidatari; prevediamo per le lavoratrici dipendenti che l'indennità di maternità venga corrisposta anche nel caso di risoluzione del rapporto di lavoro per giusta causa, derivante da colpa grave della lavoratrice; per le lavoratrici iscritte alla gestione separata, sanciamo il principio dell'automaticità dell'indennità di maternità e di paternità anche nel caso di mancato versamento dei contributi da parte del committente. Abbiamo istituito il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo massimo di 3 mesi per le donne inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere. E per finire sulle risorse, l’art. 25 che fa riferimento al triennio 2016-2018, destina il 10% del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello alla promozione della conciliazione tra lavoro e vita privata.

Ciò che intendo con questo, non è la compilazione di un mero elenco di atti per giungere infine a dire quanto siamo stati bravi. Anzi, le misure che abbiamo messo nero su bianco saranno sottoposte a continuo monitoraggio e verifica della loro reale efficacia. Un po’ come il voucher babysitting-asili nido: la misura esisteva dal 2012, ma era semisconosciuta e ancora meno utilizzata perché non era sufficientemente “comunicata” e perché la procedura di accesso era farraginosa e incomprensibile. L’abbiamo modificata, l’abbiamo comunicata, e nel 2015 abbiamo un ottimo risultato in termini di risposta e di fondi utilizzati, tanto da confermarla, appunto, nella Stabilità 2016.

Perciò non trionfalismi, ma messa in campo di strumenti a tutto tondo, che toccano i diversi aspetti e i più sensibili di una vicenda delicata come la maternità e la genitorialità; scelta privata ma dall’impatto sulla collettività tanto profondo quanto troppo spesso non riconosciuto, anzi, troppo di frequente avvertito, nel nostro Paese, come uno svantaggio, come una opzione da punire. 

Quando parliamo del lavoro delle donne, in Italia, pensiamo subito – come nei fatti è – a percorsi frammentari, precari, spesso bruscamente interrotti dalla maternità, dopo la quale è difficile e a volte impossibile rientrare senza traumi nel proprio luogo di lavoro. Senza parlare delle dimissioni in bianco, al quale abbiamo detto definitivamente no, stroncando una pratica tanto illegale quanto drammatica per le donne che l’hanno dovuta subire.

Andiamo dunque avanti su questa strada, raccogliendo tutte le sollecitazioni positive a migliorare e a rivedere i percorsi e gli strumenti messi in campo. E provando comunque sempre a sfuggire alla retorica del “serve altro”, per collaborare se possibile su obiettivi importanti per la crescita complessiva dei diritti e della partecipazione delle donne al mondo del lavoro.    

Teresa Bellanova è vicemistro allo sviluppo economico