L’Italia di mezzo è innanzitutto un grande progetto economico, civile e sociale, prima ancora che di "architettura istituzionale". Ed è per questo che la sfida posta dal terremoto del 24 agosto rappresenta un primo banco di prova fondamentale per chi vuole avere l'ambizione di offrire “un modello per un altro paese possibile”.

L'appuntamento era fissato da mesi, ma il sisma che ha sconvolto il centro Italia ha naturalmente modificato l'agenda dei lavori. Così oggi (giovedì 15 settembre), presso la Sala dei Notari di Perugia, Cgil, Cisl e Uil di Marche, Umbria e Toscana presentano le proposte per “L’Italia di mezzo”, confrontandosi con i tre presidenti di Regione (Luca Ceriscioli, Catiuscia Marini ed Enrico Rossi) e partendo proprio da una possibile risposta comune al dramma del terremoto.

Dopo l’introduzione dei lavori affidata a Claudio Bendini, segretario generale della Uil dell’Umbria, e prima delle conclusioni di Riccardo Cerza, segretario generale della Cisl Toscana, toccherà a Walter Cerfeda, presidente dell’Ires Cgil Marche, illustrare le proposte dei sindacati. E tra queste, appunto, quella di mettere a frutto le esperienze del passato per trasformare la ricostruzione nelle aree colpite dal sisma in una “vera e propria Casa di Vetro”, a partire da un’applicazione rigorosa del nuovo Codice degli appalti che avrà anch’esso qui il suo primo e decisivo banco di prova.

Di più. Secondo Cgil, Cisl e Uil, l’Italia di mezzo potrebbe elaborare una proposta unitaria - primo atto concreto del Protocollo firmato a Bruxelles lo scorso 17 giugno dalle tre Regioni, e naturalmente in collaborazione con Lazio e Abruzzo (perché l’Italia di mezzo “non può essere una convenzione ad excludendum”, ma piuttosto “un progetto a geometrie variabili”) - per "riorientare parte delle risorse dei fondi europei verso Casa Italia, per un grande progetto comune per le zone interne e l’Appennino centrale, candidando questo riorientamento anche all’accesso ai fondi del Piano Juncker”.

D’altronde, la proposta di Cgil, Cisl e Uil per l’Italia di mezzo muove proprio dall’idea che esista già un sistema naturale unitario, in cui, all’opposto, “i confini istituzionali appaiono a volte essi stessi artificiali”. Non un’invenzione istituzionale dunque, ma una realtà di fatto, perfettamente coerente, peraltro, con i nuovi paradigmi della crescita mondiale, che hanno mutato gli assi precedenti ruotandoli in direzione Est-Ovest ed Ovest-Est dopo l’irrompere nel mondo globalizzato dall’esplosione della Cina, dell’India e dell’ economia asiatica.

Di qui l’importanza fondamentale degli “assi trasversali di servizio”, delle infrastrutture strategiche, rispetto alle quali però l’Italia di mezzo appare penalizzata dalle scelte del governo. Come dice spesso il presidente della Toscana Rossi: “Noi siamo sempre l’undicesima opera”, ed in effetti anche nell’elenco di opere prioritarie del piano Delrio l’Italia di mezzo è presente solo con due: il raccordo Terni-Orte-Civitavecchia e l’ammodernamento della E45 tra Orte e Mestre. Eppure, secondo i sindacati, l'Italia di mezzo può rappresentare "una piattaforma naturale di connessione tra le economie atlantiche e dell’Europa occidentale con quelle dell’Europa centrale e dell’est".

L’altro pezzo fondamentale del ragionamento entra nel campo delle politiche industriali, tecnologiche, di ricerca e formazione. Le eccellenze e le potenzialità – dicono Cgil, Cisl e Uil - esistono e vanno valorizzate, mettendo in rete ad esempio ricerca e parchi tecnologici, facendo ordine nelle sovrapposizioni ed affinando le specializzazioni. Si pensi, ad esempio, alle potenzialità di un polo universitario e di ricerca dell’Italia di mezzo ( Firenze, Urbino, Perugia, Camerino, etc.), sostenuto magari da “una cabina di regia, una sorta di CNR interregionale, capace di fare da front office per le imprese e da back office per i Centri di ricerca delle Università”.

“Insieme siamo 6 milioni di donne e di uomini, il 12% del Pil del nostro Paese ed insieme possiamo anche avere l’ambizione di contribuire a realizzare un’Italia più bella, più solidale e più giusta”.

Infine, come non considerare le straordinarie risorse culturali, paesaggistiche e naturali che l’Italia di mezzo possiede, con ben dieci siti che la stessa Unesco ha riconosciuto come patrimonio dell’umanità. E come dimenticare l’altro elemento di ricchezza caratterizzante: il modello di welfare che ha contraddistinto questa parte d’Italia, garantendo maggiore equità e giustizia sociale rispetto ad altri parti del paese. Un sistema però che la crisi ha profondamente minato e che potrebbe, proprio in un processo di aggregazione, ritrovare le risorse necessarie per risollevarsi.

Da parte sua il sindacato, unitariamente, è pronto a camminare in questa direzione. Anzi, ha già compiuto passi importanti, mettendo insieme i primi “mattoni unitari” per la costruzione di un sindacato dell’Italia di mezzo, mettendo in sinergia le reti di ricerca ed assumendo questa dimensione come quella necessaria per un’azione sindacale all’altezza delle sfide dell’oggi, nella convinzione “che non ci siano alternative a questo orizzonte”.