Come ogni anno la ricorrenza del 25 novembre fornisce un’occasione per fare il punto sulla violenza di genere, su quanto è stato fatto per arginare il fenomeno e, purtroppo, su limiti e mancanze di tutela che hanno determinato altre vittime. La media resta pressoché invariata: in Italia ogni due giorni una donna viene uccisa. Sono 92 le vittime secondo il dossier del Viminale, che valuta il periodo compreso tra agosto 2018 e luglio 2019. Una statistica su cui ragionare perché il numero totale delle vittime di femminicidio supera le morti per mafia e dimostra che, nella maggioranza dei casi, questi delitti avvengono in ambito familiare o sono commessi da uomini che sono stati respinti.

Il focus delle iniziative, organizzate su tutto il territorio nazionale, e che ha già visto la grande manifestazione di sabato 23 novembre a Roma indetta da Non una di meno, è il grave ritardo nello stanziamento delle risorse per i centri antiviolenza. Come se non bastasse, ad oggi non sono ancora stati emanati i decreti attuativi per sostenere economicamente gli orfani affinché possano proseguire negli studi e nella formazione professionale. A inizio novembre, attraverso una nota, l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza ha richiamato l’attenzione del Ministero dell’economia e delle finanze e altre amministrazioni interessate su questo tema.

La tutela degli orfani per crimini domestici – dichiara la garante nazionale Filomena Albano – merita una particolare attenzione in considerazione della drammaticità della situazione: l’omicidio di un genitore da parte dell’altro fa vivere ai figli un trauma, aggravato per di più dalla contemporanea perdita delle due principali figure di riferimento. Per questo ho sollecitato gli organi competenti ad adottare il regolamento previsto dalla legge 4 del 2018 destinato a definire i criteri e le modalità per l’utilizzazione delle risorse del fondo e per l’accesso agli interventi. Oltre a rendere operative le misure di legge, risulta indispensabile adottare una strategia generale di intervento per la prevenzione e il contrasto della violenza a danno delle persone di minore età, anche sulla scorta delle raccomandazioni adottate dal Comitato Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza a febbraio. Serve poi promuovere una cittadinanza attiva, affinché i segnali di violenza possano essere intercettati prima del verificarsi di tragedie irreparabili, e sono necessarie soprattutto azioni di ascolto e sostegno ai bambini e ai ragazzi e supporto materiale e psicologico alle famiglie affidatarie”.

Sia le reti di associazioni e centri antiviolenza, ma anche gli avvocati che assistono le vittime di stalking, sono tutti concordi nell’affermare che senza adeguati investimenti economici le leggi sono svuotate di significato. Questo vale per il Codice Rosso (la legge 69/2019 approvata lo scorso luglio) che, se pur vero garantisce un iter più veloce per le denunce e ha introdotto il reato del revenge porn, dall’altra parte non colma le carenze numeriche di magistrati all’interno delle procure né tantomeno agisce sul piano culturale e sociale, specialmente se alle donne che denunciano non viene facilitato l’accesso alle case rifugio. Non ci sono adeguati strumenti di assistenza dopo la denuncia, inoltre le famiglie delle vittime sono lasciate sole ad affrontare tutto il dopo, dalle udienze nei tribunali ai processi mediatici.

La fotografa Stefania Prandi nel suo reportage “The Consequences” (in mostra a Bologna nelle sale di Palazzo Rossi Poggi Marsili, fino al prossimo sabato 7 dicembre) ha rappresentato le problematiche e la straordinaria resistenza di queste famiglie sopravvissute al femminicidio. “Negli ultimi tre anni – dichiara Prandi – ho incontrato diverse famiglie con orfani speciali, come vengono chiamati. Una delle cose che mi hanno colpito di più è la difficoltà quotidiana che non viene quasi mai riportata. Un nonno, e padre di una donna uccisa, mi ha raccontato che i due nipoti sopravvissuti, che hanno assistito all’omicidio della madre davanti al portone di casa, per anni quando arrivava la sera, momento in cui è avvenuto il crimine, iniziavano a piangere. Questi bambini vivevano spaventati e traumatizzati. Il nonno ha dovuto portare il maggiore a vedere un carcere da fuori per convincerlo che il padre fosse veramente rinchiuso e non potesse uscire e tornare a far del male al resto della famiglia”.

foto di Stefania Prandi

Per tutelare questi minori, su iniziativa dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, è stato avviato un coordinamento diretto dai magistrati Luca Villa, presidente del Tribunale per i Minorenni di Genova e Carla Garlatti, presidente del Tribunale per i minori di Trieste. “Il gruppo di lavoro “La tutela degli orfani di crimini domestici” – conclude la garante Albano – ha terminato proprio nei giorni scorsi la fase di studio. È iniziato ora il processo di elaborazione di un documento che porterà alla formulazione di proposte e segnalazioni alle istituzioni e altri soggetti interessati. Si punta ad individuare gli strumenti processuali a tutela dei figli orfani, realizzare una ricognizione delle prassi efficaci e una ricognizione degli strumenti attivati per la prevenzione, protezione e supporto”. L’auspicio è che non ci siano più bambini traumatizzati dall’omicidio della propria madre per mano dell’ex partner e che non siano abbandonati dalle istituzioni, come successo ai figli minorenni di Marianna Manduca, uccisa dal marito nel 2007, ai quali la Corte di Appello di Messina ha negato il risarcimento.


foto di Stefania Prandi