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È giusto intervenire sul fisco, il sindacato lo chiede unitariamente da anni, ma non è indifferente come si vuole costruire questo intervento. In un’intervista curata da Paolo Baroni su La Stampa di oggi (20 luglio), il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, spiega che se Renzi fa bene a pensare ad un intervento sulla questione fiscale, il modo in cui il premier intende usare la leva fiscale è sbagliato, perché rischia “di aumentare ulteriormente le disuguaglianze”.
“A parte che non si capisce dove si vadano a prendere tutte le risorse necessarie, ma Renzi dice che sono sei mesi che sta studiando questo piano, facciamo finta di credergli; il problema – spiega il segretario generale della Cgil - è che la sua 'rivoluzione' aumenta le disuguaglianze anziché ridurle. Punta al consenso a breve e serve solo a far star meglio chi sta già meglio. Agisce sullo status quo, senza pensare di modificare nulla, mentre bisognerebbe investire sul futuro e sui giovani”.
Ma non è positivo ipotizzare un taglio così forte delle tasse?, chiede Baroni: “Dire solo 'fisco' non basta: occorre vedere quali scelte concrete si fanno. Come non basta dire solo 'prima casa', perché può implicare interventi anche molto differenti fra loro: bisogna dire a quali redditi si guarda, a quali livelli di giustizia fiscale si punta”. Si tratta quindi di analizzare seriamente le proposte e capire cosa non funziona. “Intanto c’è un problema di scansione dei tempi. Perché gli interventi sui redditi più bassi e sui pensionati al minimo, che sono i soggetti più in difficoltà, vengono previsti solo nel 2018 ed in questo campo aspettare tre anni, un tempo infinito, significa solo aumentare ancor di più le disuguaglianze”.
“Seconda questione – prosegue Camusso - interventi di tipo universalistico, quando ci si trova in situazioni come la nostra, non generano miglioramenti ma contribuiscono solo a peggiorare la situazione. Come è già accaduto per altri provvedimenti l’impressione è che la crescita delle disuguaglianze per questo governo non rappresenti un problema. Mentre invece questa è una delle ragioni più vere della crisi del Paese”.
Secondo Camusso “la vera rivoluzione da fare” sarebbe quella di “concentrare tutte le risorse disponibili a favore dell’occupazione dei giovani, visto che abbiamo una disoccupazione al 42%, anche allentando il patto di stabilità dei comuni o azzerando le tasse su tutti i nuovi investimenti. Perché capisco che per una famiglia operaia avere al massimo 500 euro in più all’anno possa essere importante ma non avere più in casa un figlio disoccupato vale molto di più: significa vedere il futuro”.
“Poi occorre chiudere la forbice delle disuguaglianze – insiste il segretario Cgil - E anziché continuare a ridurre il costo del lavoro, bloccando il rinnovo dei contratti e riducendo ancora il peso delle tasse, con l’idea che questa sia l’unica ricetta, occorre pensare ad un grande provvedimento che riunisca tutti gli incentivi e agevoli davvero molto gli investimenti. Così come farei un intervento di decontribuzione a favore delle assunzioni, ma quelle nuove, aggiuntive. Perché il nostro problema è abbattere l’esercito di 3 milioni di disoccupati”, osserva ancora Camusso.
La Cgil è però d’accordo nell’idea di proporre al Paese un grande patto fiscale, “però – avverte il segretario - deve farne parte anche la lotta all’evasione. Che deve essere lotta vera. E poi questo patto va proposto al Paese, non solo ad una sua parte”, per questo “bisogna iniziare a destinare un po’ di risorse alla possibilità di detrarre una serie di spese che forse potrebbero rendere più incisiva la lotta all’evasione. E poi occorre incentivare di più l’uso della moneta elettronica, magari pensando ad una grande convenzione con le Poste per fornire a prezzi agevolati se non proprio azzerati questi nuovi strumenti a tutti i pensionati”.
Infine, sarebbe bene “smettere di intralciare l’attività dell’Agenzia delle entrate e in Parlamento la legge sulla corruzione”. I redditi più bassi non dovrebbero però beneficiare del taglio delle aliquote Irpef? “La proposta di arrivare a due solo aliquote è un cedimento culturale alla Lega e alle teorie più destrorse. Ricordo che la progressività fiscale è uno degli strumenti fondamentali dell’uguaglianza e la modulazione è fondamentale ancora più in un Paese come il nostro dove il lavoro dipendente è il grande contribuente”.