“Da Morselli sono arrivati impegni importanti sul futuro produttivo delle acciaierie Ast, molto poco invece sulla necessità di un salto in avanti nelle relazioni industriali”. Il giudizio è di Susanna Camusso e arriva al termine di un’ora di confronto, faccia a faccia, con l’amministratore delegato di Ast Thyssen Krupp, Lucia Morselli. Il segretario della Cgil e il manager delle acciaierie ternane, in una sala gremita ed attenta del Comune di Terni, hanno risposto ieri, 24 settembre, alle domande del giornalista Luca Telese, all’interno di un’iniziativa promossa dalla Cgil di Terni e dall’associazione Proietti Divi Ettore in occasione della settimana degli archivi della Cgil nazionale.

Il dibattito parte dalla storia, con due appassionate ricostruzioni di Renato Covino (dell’Università degli Studi di Perugia) e Claudio Carnieri (presidente Agenzia Umbria Ricerche) sulla tradizione delle relazioni industriali a Terni.Per poi passare al presente, con qualche accenno sul futuro, nel confronto tra Camusso e Morselli. Tanti i temi toccati rispondendo alle domande di Telese. Alcuni più leggeri, ma comunque indicativi (abbiamo ad esempio scoperto che il modello di riferimento per il manager di Ast è Napoleone, mentre Camusso si ispira a Bruno Trentin), altri più strettamente legati all’attualità politica e sindacale. Poco (ma era prevedibile) sulla vita interna delle acciaierie, sui rapporti con le Rsu, sul sistema degli appalti e sull’organizzazione del lavoro. Questioni fondamentali però per gli operai di Ast, che continuano a chiedere infatti (nelle sedi ufficiali) risposte e certezze.

Intanto però, sul futuro dell’acciaio a Terni arrivano segnali interessanti, con Morselli a ribadire che “sicuramente l’acciaio di Terni è fra i migliori al mondo”. Lo si è capito quando dopo 44 giorni di sciopero e blocco totale della fabbrica, appena ripartita la produzione, i compratori sono tornati a bussare alla porte di viale Brin, perché “il mondo non può fare a meno della qualità dell’acciaio di Terni”. “E allora – aggiunge la manager – noi vogliamo fare più grande questa acciaieria e la salute che abbiamo raggiunto in questi mesi può essere la base per un nuovo successo”.

L’acciaio è il futuro, e non il passato, anche secondo Susanna Camusso: “Torniamo a dire cose che possono sembrare banali – afferma il segretario Cgil - l’acciaio è una produzione essenziale per il paese, sulla quale abbiamo bisogno di investimenti, anche pubblici. Ma il governo da questo orecchio non ci sente proprio”. E a proposito di Governo, chiede Telese: “Nella trattativa sulla vertenza Ast l’esecutivo è stato di aiuto?”. Risposta secca, da entrambe le parti: no. Di aiuto è stato invece il sindacato, secondo Morselli: “Ci hanno fatto cambiare il piano iniziale, e per questo li ringrazio. Le loro motivazioni sono state convincenti e alla fine abbiamo comunque ottenuto i risparmi che volevamo, ma in un modo migliore”.

La discussione si sposta poi sull’attualità politica. La domanda per Susanna Camusso è: “Cosa non le piace del Jobs Act?”. Risposta netta: “Tutto”. Tutto, perché con questa legge “quello che è sempre stato considerato un comportamento illegittimo delle imprese, ora diventa legittimo”. Tutto, perché il demansionamento “è un investimento sulla qualità alla rovescia”. Tutto, perché “si assume l’idea sbagliata che le discriminazioni non esistano”. Tutto, perché l’idea di fondo “è che bisogna sottrarre al mondo del lavoro quelle condizioni che hanno permesso di contenere morti e feriti nella crisi”.

C’è poi un punto specifico della legge che suscita particolare interesse: il controllo a distanza. Per Morselli (che in passato è stata tra i fautori dell’avvento del Grande Fratello sugli schermi italiani) non è il male assoluto. Anzi, “in certi casi, in una grande fabbrica come Ast, 1,5 milioni di metri quadri, questi strumenti sono essenziali per proteggerla”. Lo spionaggio personale no, quello “non è neanche utile all’azienda”, ma molto, spiega Morselli, dipende anche dai ruoli. “Magari sapere dove è un mio dirigente può essermi utile, mentre il discorso è diverso per altri tipi di lavoratori”. Ma in generale, questa l’idea del manager di Ast, “dobbiamo rassegnarci all’idea che nella società di oggi siamo tutti comunque sotto controllo”. A confermarlo, in prima fila, un dirigente tedesco di Thyssen che prende appunti su tutto.

“Ho vissuto serenamente senza guardare il Grande Fratello e non mi rassegno all’idea che le persone non siano libere – ribatte Camusso - Io, se voglio sapere dove è un compagno della segreteria della Cgil lo chiamo e glielo chiedo. Se ha il telefono staccato, pazienza. Aspetto. Non ho bisogno di controllare le persone. Ho bisogno di decidere insieme, non di vigilare sulla loro esistenza”. Per Camusso questa idea del controllo sottende una spinta “profondamente autoritaria”. E qui ritorna in mente Napoleone...

A proposito di autoritarismo, che ne pensa Lucia Morselli di Marchionne? “Marchionne è un leader e il mondo ha bisogno di leader”, è la risposta. E la distanza con Camusso è di nuovo evidente: “Io penso al contrario che il mondo abbia bisogno di meno leader e più partecipazione e democrazia”. Ma tra il modello Marchionne e quello Morselli – stuzzica Telese - Camusso chi preferisce? Risposta: “Da una parte c’è chi si sceglie i sindacati e impedisce la libertà costituzionale per i lavoratori di farsi rappresentare da chi vogliono. Dall’altra, c’è un’azienda che comunque, dopo una vertenza molto aspra, ha sottoscritto un accordo con tutti, anche se le relazioni vanno sicuramente migliorate”.

Eccolo, come si diceva, il punto debole. Sulle relazioni sindacali Camusso incalza, ma Morselli è sfuggente. Il segretario Cgil parla di “distribuzione di potere tra impresa e lavoratori”, parla di “codeterminazione come orizzonte verso cui tendere”. Parla di una fabbrica in cui “si discuta davvero sugli effetti e sulle ricadute degli investimenti”, in cui ci sia “rispetto reciproco tra le parti”. La replica di Morselli è molto tiepida: “I dipendenti, gli impiegati, gli operai, conoscono per certi aspetti l’azienda molto meglio dei manager. Quindi il loro contributo è sempre necessario e il dialogo è quotidiano”. Tutto qui, con le facce tese dei delegati della Rsu che quel dialogo quotidiano non lo vedono proprio.

Il finale, come in ogni film che si rispetti, è sul momento di massimo pathos della vertenza. Il giorno delle manganellate. “Eravamo al Mise con il ministro Guidi e i sindacati – ricorda Morselli – quel giorno non fu una riunione particolarmente dura. Ma quando vidi le immagini di quella violenza, violenza che non ha mai giustificazioni, ho capito che si sarebbe aperta una strada molto più lunga e tortuosa”. “Quel giorno abbiamo tutti pensato che si stava aprendo una stagione drammatica – è invece il ricordo di Susanna Camusso – Con quelle manganellate si riaffacciavano modalità di rapporto con le manifestazioni dei lavoratori che non vedevamo da tempo. Ma lì siamo stati bravi ad avere la forza e la capacità di bloccare sul nascere quella deriva: dentro la più grandi crisi del secolo l’idea di mettersi a manganellare i lavoratori per impedirgli di manifestare liberamente sarebbe stata devastante”.