“Oggi il lavoro non è più una condizione sufficiente per garantire la dignità delle persone. Questo è il connotato della lunga stagione che abbiamo alle spalle e che non vediamo cambiare. Anzi, le scelte che vengono fatte sono in assoluta continuità con il passato e scaricano sempre sul lavoro tutte le conseguenze della crisi”. Un quadro, quello delineato da Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, nel suo intervento al congresso Fnsi di Chianciano, che vale per la professione giornalistica, come per tutti gli altri settori nei quali il lavoro diventa sempre più debole e meno protetto.

Camusso ha parlato della condizione del lavoro oggi in Italia alla platea di circa 300 delegate e delegati, sottolineando i tratti che accomunano la loro categoria, composta sempre più da una larga maggioranza di lavoratori precari e sottopagati, con molte altre. “Con la Fnsi abbiamo manifestato insieme in piazza Farnese per Charlie Hebdo – ha ricordato Camusso – rivendicando, con tutto il paese, i valori fondamentali di libertà, fratellanza e uguaglianza. Ma non può esserci vera libertà – ha osservato il segretario Cgil – se è il lavoro a non essere libero e questo accade se vengono meno i diritti, la qualità, e se subentrano forme di subalternità e di ricattabilità”.

Per questo, ha detto Camusso alla platea di giornalisti, la Cgil contrasta e continuerà a contrastare la legge delega sul lavoro (“la chiamo così, non amo gli inglesismi”). “Perché, per quanto spesso questo venga raccontato anche nei vostri articoli – ha detto ancora Camusso - non siamo di fronte a un percorso di stabilizzazione del lavoro, ma all’esatto opposto. E cioè al fatto che non esiste più la condizione nella quale non si è perennemente sotto la minaccia di interruzione del rapporto di lavoro”. Camusso ha portato ad esempio l’articolo 7 del decreto 134, il cosiddetto “contratto a tutele crescenti”, ribattezzato dal segretario Cgil a “monetizzazione crescente”: una norma con la quale i lavoratori degli appalti (alcuni milioni in Italia) escono sostanzialmente dalla condizione di lavoratori a tempo indeterminato e diventano “tutti scambiabili”, “con sgravi fiscali per le aziende superiori anche alla loro retribuzione”.

“Un’operazione di indebolimento del lavoro”, questo, secondo Camusso, è il progetto portato avanti dal governo. Un progetto che si basa anche sull’idea che “è la legge che regola tutti i rapporti, mentre la funzione contrattuale è sempre meno rilevante” e viene così meno “il luogo di costruzione dell’unità di tutti i lavoratori”.

E la debolezza dei lavoratori è palese proprio nel settore editoriale (dove i pochi ammortizzatori sociali esistenti vengono oggi ulteriormente ridotti dal governo). “Migliaia di lavoratori sono vittime del taglio dei finanziamenti all’editoria – ha detto ancora Camusso – e il governo non se ne occupa. Allora – ha aggiunto rivolgendosi proprio alla Fnsi – dobbiamo chiederci se sia adeguato un sindacato che vede i lavoratori divisi per professione, anziché tutti uniti all’interno della stessa azienda e se non sia necessario pensare a una riunificazione, all’interno di uno schema contrattuale unico, delle tante figure che operano in queste aziende”.

Alla platea di giornalisti, che venerdì 30 gennaio saranno chiamati ad eleggere il nuovo gruppo dirigente, Camusso ha anche esternato la necessità di ricostruire un diverso rapporto tra mondo del lavoro e informazione: “Va rideterminata – ha detto il segretario Cgil – la centralità del lavoro e delle sue istanze, perché spesso ci siamo sentiti in grande solitudine”. Come in occasione dello sciopero alla Rai, ha spiegato Camusso, quando “non abbiamo apprezzato di essere soli a mobilitarci. E non lo abbiamo fatto per difendere la condizione di una parte di lavoratori – ha aggiunto - ma per rivendicare la Rai come servizio pubblico autosufficiente e non alle dipendenze del governo di turno”.

Dunque, per il futuro, l’invito rivolto anche al sindacato dei giornalisti, è quello alla massima unità: “Perché siamo di fronte all’intenzione esplicita di renderci più poveri, di cancellare la contrattazione, di vederci subalterni o ricattabili. La nostra intenzione è invece quella di riconquistare i diritti per essere protagonisti”.