Dove va il sistema bilaterale, come sarà nel futuro, la necessità di rilanciare l’iniziativa sindacale con una proposta autonoma: non bisogna rincorrere le idee delle imprese e del governo, ma fare un passo in avanti e proporre una “bilateralità targata Cgil”. Di questi temi si è parlato alla tavola rotonda “Bilateralità, quali prospettive?”, che si è svolta oggi (giovedì 14 luglio) a Roma nella sede di Corso d’Italia. È stato un dibattito tra i rappresentanti delle categorie, che hanno portato le esperienze dei  rispettivi settori, i racconti positivi e i punti ancora da correggere. Una riflessione che ha ospitato anche opinioni diverse, ma con un tratto in comune: l'esigenza di rafforzare la bilateralità attraverso la propria iniziativa. “Dobbiamo essere noi a guidare il carro”, ha detto il segretario confederale della Cgil, Franco Martini, annunciando che quello sulla bilateralità diventerà un appuntamento annuale.

Il dibattito è stato coordinato dal presidente della Fondazione Di Vittorio, Fulvio Fammoni. La discussione “è profondamente cambiata negli ultimi anni – ha esordito –: ora è maturata la convinzione che la bilateralità sia un figlio legittimo della contrattazione sindacale”. A un anno dalle due giorni di Napoli che aveva trattato il tema, ha osservato Fammoni, “le cose sono cambiate: ci sono state variazioni nelle scelte contrattuali, alcune associazioni di impresa arrivano a proporre la bilateralità come elemento sostitutivo del salario, o perfino come punto di business e sviluppo degli affari. Il governo, nel frattempo, porta avanti iniziative basate solo sul debito pubblico e sul bilancio dello Stato, senza mai ragionare su un meccanismo strutturale”. La giornata di oggi “vuole riflettere sui settori e sulle iniziative che riguardano la bilateralità, bisogna definire come rilanciare il welfare pubblico, al contrario di ciò che pensano certe aziende che sulla bilateralità vogliono costruire un business privato ”.

Il segretario generale della Flai Cgil, Ivana Galli, ha illustrato il sistema bilaterale nell’agroalimentare. “Qui gli enti hanno una tradizione antichissima, che risale perfino agli anni trenta – ha detto –: poi, nel corso del tempo, questi hanno aggiunto una serie di prestazioni come gli interventi sugli infortuni. In agricoltura la bilateralità mutualistica viene da lontano e si sviluppa su due livelli contrattuali: gradualmente si sono aggiunte prestazioni, come borse di studio e viaggi, e un’attenzione particolare ai migranti. Il rinnovo contrattuale del 2010 ha poi riorganizzato tutto il sistema bilaterale. Nell’ultimo contratto appena firmato, l’articolo 7 amplia proprio la bilateralità negoziale rivolgendosi ai lavoratori che sono prossimi all’uscita dall’impiego”. Una storia di cui il sindacato è orgoglioso: “Ha contribuito a sostenere il reddito dei lavoratori, considerando soprattutto la stagionalità che è al centro del nostro settore”. I punti critici, ha spiegato, “riguardano la dimensione dei fondi: sono molto piccoli e impongono il tema degli investimenti e la loro tenuta nel tempo. C’è poi il nodo della diffusione dei fondi: non sono ancora conosciuti, malgrado le campagne del sindacato per diffonderli”.

“Il punto di equilibrio raggiunto nel documento unitario di Cgil, Cisl e Uil sulla riforma delle relazioni industriali è una tappa che dobbiamo tenere viva, sviluppare e valorizzare”. Così il segretario generale della Filt Cgil, Alessandro Rocchi. “Per farlo – a suo avviso – è necessaria un’interlocuzione con le controparti che oggi sembra molto difficile”. Sulla bilateralità nel settore dei trasporti “si confermano luci e ombre: abbiamo un numero elevato di contratti nazionali, la presenza non superata di esperienze mutualistiche preesistente. Inoltre, la contrattazione aziendale sconta la polverizzazione dei trasporti in moltissime microaziende: qui i grandi gruppi fanno esperienze avanzate e interessanti, negli altri casi in azienda si ottiene poco”. La scarsa capacità di governance, ha aggiunto, “si manifesta soprattutto quando la rappresentanza datoriale non è rigorosa. Tutti questi argomenti stanno montando nel dibattito: c’è una spinta crescente, aumenta l’interesse dei lavoratori verso le risposte che possono arrivare dalla contrattazione. Ora è necessario dare alla contrattazione sulla bilateralità un’impronta confederale”, ha chiuso.

Per il terziario e turismo è intervenuto Fabrizio Russo, della segreteria nazionale della Filcams Cgil. “Nella categoria c’è un numero molto elevato di enti bilaterali e fondi, come riflesso dei molteplici contratti nazionali – ha affermato –. Nell’ultimo periodo ci siamo concentrati sui settori senza alcuna forma di welfare, come gli appalti o le badanti, e su questi siamo riusciti ad aprire il dibattito. Sulla gestione della bilateralità c’è stata una forte inversione di tendenza: oggi sono coinvolti 2,5 milioni di lavoratori, a cui vanno aggiunti quelli di copertura più recente, numeri molto rilevanti”. E ancora: “La bilateralità è uno strumento contrattuale, fa bene ripeterlo: questo concetto si lega direttamente all’attivo unitario di due giorni fa, che ha ribadito la difficoltà di rinnovare i contratti nazionali. C’è anche il problema della disarticolazione delle controparti, le organizzazioni d’impresa: lo stesso nodo affrontato nei contratti si ripete nella bilateralità, ovvero evitare le diseguaglianze tra lavoratori che operano in diversi settori. Allora non limitiamo la discussione alla sfera della bilateralità – ha invitato Russo -, ma riportiamola nell’alveo più generale del dibattito contrattuale. In entrambi i casi anche gli esclusi sono gli stessi, i lavoratori che non riescono ad avere una copertura contrattuale, come i precari o i voucher”.

I temi contenuti nella bilateralità vanno ricondotti all’interno dei contratti nazionali. È l'opinione del segretario generale della Fiom, Maurizio Landini. “L’obbligatorietà della bilateralità non mi convince: occorre una pensione pubblica degna di questo nome, altrimenti si lascia la legge Fornero così com’è.  Serve una riforma vera degli ammortizzatori sociali: dentro l’idea dell’estensione delle tutele dobbiamo affrontare il tema del reddito di dignità. Quando affrontiamo la questione della bilateralità - dunque - dobbiamo specificare come vogliamo che sia il sostegno al reddito e il sistema pensionistico non bilaterale”. Nella trattativa con Federmeccanica per il rinnovo del contratto nazionale “abbiamo chiesto un fondo sanitario integrativo per tutta la categoria, a carico delle imprese, allargato ai famigliari del lavoratore e ad ogni tipologia contrattuale: la controparte ne ha colto l’impianto, anche se ovviamente non ha accettato tutto. Perché il contratto nazionale non può affrontare questi temi?”, si è chiesto. “Così si può togliere spazio alle singole aziende che non possono più giocare contro i lavoratori”.

Il segretario nazionale della Fillea Cgil, Alessandro Genovesi, ha fatto il punto sugli edili: “Per noi si impone la necessità di affrontare alcuni nodi. Tra questi c’è la sanità integrativa: ciò che prima era integrativo adesso sta diventando sostitutivo, il ticket privato costa quasi meno di quello pubblico”. Sull'argomento “va aperta una discussione, perché non possiamo essere noi il cavallo di Troia che svuota la sanità pubblica”. Proprio sui temi della bilateralità, si è chiesto Genovesi, “siamo certi che la dimensione del contratto aziendale non possa aiutare ancora di più nella gestione di queste dinamiche? È un dubbio legittimo”. Nel suo percorso lavorativo, “un edile spesso lavora in molti cantieri nel corso di un anno. Nostro compito è includere tutti. Noi, col rinnovo del contratto nazionale in edilizia, stiamo provando ad includere nel sistema delle casse edili anche i lavoratori a partita Iva: tentiamo costituire una lista di questi lavoratori per capire chi sono e per inserirli nel sistema mutualistico. Questo – a suo giudizio – servirà anche per dimostrare che il sindacato si è occupato di loro”.

“Abbiamo avviato un percorso importante”. Così Franco Martini nelle conclusioni. “C’è una strada precisa e una motivazione, con le sue sedi di verifica: ci diamo un appuntamento annuale per fare il punto sulla bilateralità, verificare cosa abbiamo fatto e quali sono i passi successivi”. Al netto della riflessione, però, “abbiamo un esercito di persone che presidiano i fondi: sono i nostri ‘parlamentari’ che controllato la bilateralità. La Cgil ha avviato una lunga marcia, fuori ci sono altri soggetti con idee diversi, quindi è fondamentale riunirsi a intervalli regolari”. La bilateralità “non può essere il gioco dell’oca”, ha proseguito Martini, “non si torna indietro rispetto al lavoro fatto: dobbiamo decidere che questo tema ci riguarda e appartiene. La Confederazione deve presidiare questo sistema con un proprio progetto autonomo, che non è mutuato dal governo né dalle ambizioni di Cisl e Uil. Riteniamo necessario e opportuno stare dentro al sistema con una nostra visione: la bilateralità targata Cgil”. In caso contrario, ha osservato, “corriamo il rischio di essere a rimorchio di altri. Se il carro non lo guidiamo noi, è molto probabile che le diseguaglianze nel mondo del lavoro aumentino invece di diminuire, anche attraverso la bilateralità”.

La Cgil “deve avere una propria idea di sussidiarietà” e “deve rivedere anche il sistema di governance dei fondi”. Il sindacato è chiamato a rilanciare l’iniziativa sulla sanità: “Lo smantellamento della sanità pubblica è ingiustificato, la maggioranza dei Paesi europei spende più di noi. Serve una grande mobilitazione, anche contro la propaganda che distorce la realtà. Esattamente come accade nel pubblico impiego nella campagne contro i lavoratori. Tutti temi da affrontare insieme a livello confederale”. La sfida della bilateralità non va avanti da sola: “Pensioni, sanità e ammortizzatori sociali: queste sono le grandi battaglie che il sindacato deve sostenere, al loro interno dobbiamo collocare la nostra proposta autonoma sulla bilateralità”, ha concluso Martini.

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