Bekaert conferma i licenziamenti: nell'incontro al ministero di oggi (5 luglio), l'azienda di Figline Valdarno ribadisce l'intenzione di mandare a casa i 318 lavoratori per delocalizzazione. Dura la reazione dei sindacati: “Una situazione inaccettabile”, la definisce il segretario generale della Fiom, Francesca Re David, al termine della riunione. È quanto si apprende dalle agenzie di stampa.

Anche il ministro del Lavoro Luigi Di Maio “l'ha detto con grande chiarezza”, aggiunge la leader delle tute blu. “Noi – spiega – faremo di tutto per far sapere al mondo chi è Bekaert, far sapere a chi compra i prodotti chi è veramente l'azienda, a partire dalla Pirelli di cui la Bekaert ha il monopolio”. Proprio Pirelli “non può far finta che la questione non la riguardi. Pirelli ha venduto a Bekaert, non pensiamo che possa chiamarsi fuori da questa vicenda”.

La scelta della multinazionale belga di delocalizzare in Romania, mettendo così a rischio tutti i posti di lavoro, “toglie ai lavoratori qualsiasi sostegno al reddito. Le soluzioni possibili sono molte, gli strumenti ci sono”. Necessario quindi “sospendere le procedure, fare un ragionamento complessivo anche per vedere cosa può succedere dopo”. Questo significherebbe “dare il respiro degli ammortizzatori sociali, della cassa integrazione ai lavoratori”, conclude Re David.

“L'azienda torna indietro rispetto alla piccola apertura di ieri in Confindustria e si dicono chiusi a una sospensione delle procedure di licenziamento, perché allungare i tempi potrebbe richiedere anche troppe perdite economiche”. Così il segretario generale della Fiom di Firenze, Daniele Calosi.

“Parliamo di 318 lavoratori diretti e circa 100 dell'indotto, che perdono il proprio posto di lavoro – ricorda il sindacato –. Sono oltre 400 famiglie, non numeri. Le organizzazioni sindacali, le istituzioni locali e regionali e il ministro Luigi Di Maio sono uniti e determinati ad allungare i tempi delle procedure per avere il tempo necessario per una soluzione alternativa”.

Dopo aver sfruttato per quattro anni le competenze dei metalmeccanici toscani, l’azienda “decide che è meglio produrre dove il costo del lavoro è più basso, in Slovacchia e Romania. Ennesimo caso di un'azienda metalmeccanica che viene delocalizzata a Est a spese di produzioni e lavoratori italiani, che prima vengono sfruttati nelle loro conoscenze e poi scaricati. Due anni fa questa azienda aveva comprato alla Pirelli e la Pirelli aveva garantito al governo italiano che aveva venduto a una multinazionale intenta a mantenere la produzione in Italia. “In data 29 marzo in un verbale ministeriale l'azienda riporta che non c'erano segnali che facessero presagire la chiusura dello stabilimento”.

Dopo 86 giorni da quella data, però, l'azienda “comunica ai lavoratori la chiusura con 318 procedure di licenziamento. Dovete consentirci un clima sociale più tranquillo per poter fare la trattativa e l'unico modo per guadagnare il tempo necessario è il ritiro della procedura di licenziamento. Fermate l'orologio, perché lo stabilimento è produttivo, i lavoratori stanno continuando a produrre il filo – aggiunge Calosi –. Se un'azienda non ha responsabilità sociale e non tratta i propri lavoratori con pari dignità, che tipo di affidabilità e credibilità può avere?”, conclude.