Per la prima volta la Corte di cassazione si esprime in modo esplicito sull’illegittimità della somministrazione di lavoro in assenza di un Documento di valutazione dei rischi (Dvr) specifico per i lavoratori somministrati.

La pronuncia riguarda una causa promossa da un lavoratore, inizialmente davanti al Tribunale di Bergamo e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Brescia, nei confronti della McBride spa di Bagnatica. Il lavoratore, formalmente assunto dall’agenzia Adecco, è stato assistito dall’Ufficio vertenze della Cgil e dall’avvocato Andrea Sterli nei primi due gradi di giudizio.

Con un’ordinanza pubblicata a dicembre 2025, la Suprema Corte conferma integralmente le decisioni dei giudici di merito e chiarisce un principio di grande rilievo: il Dvr non può essere generico né meramente formale. Deve individuare in modo preventivo, puntuale e con data certa i rischi specifici connessi alla condizione dei lavoratori somministrati, tenendo conto delle mansioni effettivamente svolte e dell’inserimento in contesti produttivi spesso nuovi o poco conosciuti.

In assenza di tali requisiti, la somministrazione di lavoro è da considerarsi illegittima e il lavoratore ha diritto alla costituzione di un rapporto di lavoro diretto con l’azienda utilizzatrice, con decorrenza dall’inizio della missione.

Per Cgil Lombardia e Nidil Cgil Lombardia, la decisione della Cassazione assume un valore che va oltre il singolo caso e rafforza un principio fondamentale: la valutazione dei rischi è un obbligo sostanziale e non un mero adempimento formale. La tutela della salute e della sicurezza passa dalla qualità della prevenzione, dall’effettiva conoscenza dei luoghi di lavoro e dal coinvolgimento reale del personale e delle loro rappresentanze.

La pronuncia mette inoltre in evidenza il legame strutturale tra precarietà e sicurezza: i lavoratori somministrati, spesso inseriti per periodi brevi e con livelli ridotti di integrazione nei contesti produttivi, risultano maggiormente esposti a infortuni e criticità operative. La prevenzione non può quindi limitarsi alla gestione formale della flessibilità, ma deve interrogare le modalità con cui il lavoro viene organizzato.

Per Nidil Cgil Lombardia, come sottolinea Lorena Panzeri, “l’eccessivo utilizzo del lavoro somministrato genera distorsioni profonde nel mondo del lavoro. Questa condizione va cambiata anche attraverso le rivendicazioni legali. Un lavoro coordinato e importante svolto da Nidil, dagli Uffici vertenze e dall’avvocato Sterli ha portato a questo risultato, che tiene insieme il contrasto alla precarietà, la tutela della sicurezza e la capacità della Cgil di incidere concretamente sulle condizioni di lavoro”.

Sull’importanza dell’azione vertenziale interviene Fabrizio Petroli, Area Vertenze Cgil Lombardia: “L’ordinanza della Cassazione conferma il valore dell’azione giudiziale portata avanti dai nostri Uffici Vertenze come strumento fondamentale per l’affermazione dei diritti nei luoghi di lavoro. Un’azione che rafforza l’attività sindacale e contribuisce al raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione, anche in materia di salute e sicurezza. Una vertenza individuale, come quella decisa dalla Suprema Corte, può produrre effetti collettivi, migliorando la condizione di tutti i lavoratori somministrati in quell’azienda e non solo di chi ha promosso il ricorso”.

Per Cgil e Nidil Lombardia questa decisione rappresenta un punto fermo contro l’uso distorto della somministrazione di lavoro e rafforza il ruolo del sindacato nella tutela della salute, della sicurezza e della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori.