Mentre si consuma un po' ovunque l’acceso dibattito sui benefici o, al contrario, sui danni che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale può apportare alla società (con modalità, a tratti, da tifoseria da stadio, che poco hanno a che fare con il necessario approfondimento del poliedrico fenomeno), arrivano notizie confortanti che forse vale la pena conoscere.

Perché, se è davvero inutile oltre che impossibile pensare di bollare come manna dal cielo o, al contrario, come evento nefasto l’avvento di una tecnologia così “abilitante”, val la pena approfondire, di volta in volta, quali utilizzi possono esserne fatti.

Quello che è certo è che l’IA ha la capacità di potenziare l'intelligenza umana e automatizzare processi complessi, diventando, se ben orientata, un motore essenziale per l'innovazione in vari settori.

Questo è, ad esempio, quello che si sta osservando, con effetti positivi, in diversi campi della medicina, dove la scelta di sviluppare alcuni processi basati sull’intelligenza artificiale va a vantaggio del lavoro umano e produce benefici per la collettività.

Un caso concreto, balzato agli onori della cronaca nelle ultime settimane, riguarda un’avanzatissima tecnologia nel campo della diagnostica per immagini: una super Tac che, grazie a una combinazione tra il conteggio dei fotoni e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, riesce a eseguire l’esame “total body” separando le varie strutture (ossa, vasi sanguigni, tessuti) in un tempo compreso tra cinque e dieci secondi. Il tutto garantendo risultati senza precedenti nell’ambito della diagnosi precoce di tumori ad oggi non rilevabili da altre strumentazioni più tradizionali.

In un lasso di tempo così breve (vantaggio non da poco, anche se consideriamo l’impatto sui soggetti più fragili o su quelli claustrofobici), oltre a fornire immagini a risoluzione ultra-definita, si dimezza la quantità di liquido di contrasto da assumere, assicurando una maggiore tolleranza anche da parte dei malati con insufficienza renale e da quei pazienti oncologici che sono costretti a ripetere l’esame con grande frequenza.

Una bellissima notizia, dunque… Ni, perché di questa super Tac, che costa due milioni e mezzo di euro, in Italia ce n’è solo una, a Peschiera del Garda, e si trova presso una struttura privata accreditata. (È la seconda in Europa, l’altra si trova in Olanda).

Un’eccellenza, quindi, sì, ma non per tutti. Perché l’impiego ambulatoriale va pagato da chi non è ricoverato. E allora è d’obbligo farsi due domande e fare due conti. Perché, se è vero, come è vero, che una diagnosi precoce – in alcuni casi addirittura embrionale – di patologie gravi o tumorali, oltre a consentire la sopravvivenza del paziente, determina un risparmio enorme in termini di prestazioni necessarie per cure a lungo termine, non si comprende perché lo sviluppo, e dunque l’accessibilità a questo tipo di tecnologia, non diventi una priorità.

Sappiamo che la stessa tecnologia è in uso in America da quattro anni, prima solo per applicazioni legate alla prevenzione di malattie cardiache e ora pure per il total body.

E mentre negli Usa l’NIH, l’agenzia di ricerca medica statale americana, ha recentemente assegnato ingenti finanziamenti per lo sviluppo del modello di intelligenza artificiale applicabile a questo tipo di strumenti diagnostici (quattro milioni di dollari alla Case Western Reserve University, agli University Hospitals e all'Houston Methodist per il finanziamento di un singolo progetto), in Italia si continua a scegliere invece un’altra via: quella che insiste nel condannare sanità e politiche industriali a essere argomenti del tutto estranei allo sviluppo del Paese.

Nel frattempo, al bar come sul web, ci si schiera pro o contro l’IA, come se questa fosse un’entità a sé stante. L’evidenza, in questo caso, ci ricorda che, come per qualsiasi tipo di tecnologia, è l’utilizzo che ne viene fatto a fare la differenza. Certo, avere un governo che traccia e finanzia percorsi di possibile crescita (economica, socio-sanitaria e, perché no, culturale) farebbe la differenza. Ma significherebbe scegliere di governare anziché limitarsi alla propaganda. Operare delle scelte in direzione della crescita piuttosto che affidarsi al mercato.

Nel frattempo, le diseguaglianze aumentano, e insieme a loro i pregiudizi su una tecnologia che non va pregiudizialmente combattuta, ma giudiziosamente orientata.

Barbara Apuzzo, Responsabile Politiche e sistemi integrati di telecomunicazioni Cgil nazionale