Anche la Bekaert se ne va: in Romania. Il 23 giugno scorso la multinazionale belga ha annunciato la chiusura dello stabilimento ex Pirelli di Figline-Incisa Valdarno (Firenze), aprendo la procedura per il licenziamento dei 318 dipendenti. Una notizia in larga parte inaspettata, che sta provocando la dura reazione dei lavoratori (cui si sommano anche i circa cento addetti dell’indotto), riuniti in assemblea permanente. Alle 15 di oggi (mercoledì 4 luglio) è previsto un incontro a Firenze tra azienda e sindacati, con il contestuale sciopero di quattro ore dei metalmeccanici di tutta la provincia e un presidio nel capoluogo toscano (alle 14.30 in piazza della Repubblica). Giovedì 5 luglio la trattativa si sposta a Roma, presso il ministero dello Sviluppo economico, con la presenza anche del governo.

“Bekaert vuole chiudere e far lavorare fino alla saturazione degli impianti i suoi due stabilimenti in Slovacchia e Romania. Ci hanno detto chiaro e tondo che lo fanno per risparmiare sul costo del lavoro. Ma è un meccanismo di dumping salariale interno all'Unione europea”, spiega la Fiom Cgil fiorentina: “Lottiamo contro quest’attacco alla dignità dei 318 lavoratori che, dopo essere stati sfruttati per quattro anni nelle loro competenze e conoscenze, vengono scaricati in trenta minuti perché la multinazionale belga decide che è meglio produrre dove il costo del lavoro è più basso”. La questione Bekaert, illustra la Fiom, riguarda dunque “anche l’interesse territoriale e nazionale, messo da parte di fronte agli interessi delle multinazionali che investono in Italia”.

Per i metalmeccanici della Cgil è di “fondamentale importanza richiamare alle proprie responsabilità la stessa Pirelli, che all’atto della cessione, nel 2014, aveva decantato le lodi della Bekaert in tema di affidabilità, investimenti e continuità produttiva”. Ma l’efficienza aziendale passa “attraverso la programmazione degli investimenti che, evidentemente, la direzione Bekaert non ha realizzato e non ha intenzione di effettuare”. Intento della Fiom è quindi “proseguire la produzione, impedire la delocalizzazione di un altro pezzo d'industria italiana, scongiurare l’effetto contagio di altre attività presenti nel territorio nazionale”. Così conclude il comunicato: “Siamo per l’economia del volto umano, che ha rispetto delle persone e delle loro sofferenze, che non accetta di considerare le persone come numeri troppo costosi di cui disfarsi. La logica, pura e semplice, dell’attacco al costo del lavoro può produrre un ulteriore impoverimento del tessuto produttivo del nostro paese”.

La vicenda ha inizio nel 2014, con la cessione dello stabilimento, dedicato alla produzione di rinforzi in acciaio per pneumatici (il cosiddetto “steel cord”), da parte della Pirelli alla multinazionale belga Bekaert. Un'operazione approvata dalla Commissione europea, che la dichiara “compatibile con il mercato e utile a creare sinergie positive per entrambi i soggetti”. Viene anche stipulato un accordo triennale, scaduto il 31 dicembre scorso, in cui Pirelli rimane cliente del filo di acciaio prodotto nello stabilimento fiorentino. L’accordo viene poi rinnovato per altri tre anni, ma solo dal punto di vista commerciale: Pirelli, dunque, seguiterà ad acquistare lo “steel cord” da Bekaert, ma senza più alcun vincolo legato all’impianto di Figline.

Nel 2017 la direzione della multinazionale sottoscrive un accordo sindacale incentrato su nuove assunzioni di personale interinale e nuovi investimenti (pari a 910 mila euro per il 2017 e a 950 mila per il 2018). Nello stesso anno, però, si registra il mancato rinnovo di 23 contratti a termine: i sindacati chiedono chiarimenti alla proprietà, che li rassicura confermando il buon andamento dei volumi produttivi, i rapporti di committenza con la Pirelli e i progressi dei progetti annunciati. Neanche un anno dopo, invece, si arriva alla decisione di chiudere: la dismissione diverrà operativa il 4 settembre prossimo. La comunicazione della chiusura, rimarcano i sindacati, arriva il giorno dopo l'annuncio da parte della società dell’investimento di 25 milioni di euro per l'apertura di un nuovo stabilimento in Brasile (a Itauna). Il 26 giugno, infine, viene convocato un primo incontro presso il ministero dello Sviluppo economico, cui però non partecipano l’azienda né rappresentanti del governo (presente solo con funzionari del dicastero).

Regione Toscana, sindacati e amministrazioni locali chiamano in causa Pirelli, chiedendo all’industria milanese “l’introduzione di un elemento di garanzia per mantenere il sito produttivo”. Lunedì 2 luglio hanno infatti scritto una “lettera aperta” alla società, chiedendo di intervenire nella vertenza “sulla base dell'accordo commerciale in essere con Bekaert per la fornitura di cordicella metallica”. I firmatari ritengono “fondamentale che Pirelli decida di acquistare lo “steel cord” dalla multinazionale belga solo se la produzione continuerà ad avvenire presso lo stabilimento di Figline, almeno fino al termine dell'attuale accordo commerciale”. Sindacati e istituzioni ricordano anche che “Pirelli è stata presente in Valdarno per decenni, e nel rapporto reciproco tra azienda e territorio sono cresciute competenze e conoscenze importanti per entrambi”.

La vicenda Bekaert sta anche provocando forti reazioni politiche. Il ministro del Lavoro Luigi Di Maio e il governatore della Toscana Enrico Rossi hanno varato una nota congiunta chiedendo alla Commissione europea di “fare chiarezza su eventuali violazioni delle direttive comunitarie da parte della Bekaert. Anche in Europa le istituzioni devono prendere una posizione in merito a queste pratiche che spostano lavoro e profitti per motivi economici o fiscali, calpestando i cittadini”. Iniziativa analoga è stata intrapresa da alcuni europarlamentari Pd, che hanno chiesto alla commissaria europea alla Concorrenza Margrethe Vestager di avviare “un'indagine per verificare se Bekaert ha ricevuto finanziamenti diretti o indiretti dalle istituzioni rumene e se ci sono state alterazioni della concorrenza”. Obiettivo dell’interpellanza è quella di appurare se la Romania, pur di poter ospitare la Bekaert, abbia offerto aiuti di Stato, pratica che sarebbe vietata dalle regole europee.