"A questo punto, il problema non riguarda più la Grecia, ma l'Unione europea, perchè è assolutamente evidente che l'ultimatum che Juncker dà al governo Tsipras, pena l'uscita dall'euro, è la dichiarazione dell'impotenza della politica dell'Ue a ripensare se stessa e le proprie regole, oltrechè un dramma per il popolo greco". Così Nino Baseotto, segretario confederale della Cgil, ai microfoni di RadioArticolo1.

"La ristrutturazione del debito greco, equivalente ad appena il 2% del totale del debito degli stati che fanno parte dell'Unione, significa per la Cgil una cosa sola: che bisogna andare a una conferenza europea sul debito, ma soprattutto che c'è bisogno di cambiare le regole e la cultura dominante nella politica europea. Quella attuale, in mano ai falchi tedeschi, basata sull'austerity, sul rigore, sulla 'dittatura dei decimali' ha fallito, causando più guai che benefici, e in alcuni stati, come il nostro, ha determinato sconquassi di carattere sociale e occupazionale. L'Europa dovrebbe finalmente prendere atto che ci vuole un'altra politica, che guardi alla crescita e agli investimenti. Se non cambierà, credo che questa Unione abbia un futuro gramo, ammesso che ce l'abbia un futuro", ha proseguito il dirigente sindacale. 

"Per quanto riguarda l'Italia, il nostro presidente del Consiglio è in difficoltà: c'è troppa gente che inizia a pensare che i suoi tweet non bastano più per governare un paese. In chiave europea, a partire dal deludente semestre di presidenza italiana, Renzi non marca alcuna differenza e non ricopre alcun ruolo incisivo e autonomo rispetto all'attuale maggioranza politica dell'Unione. Anche sulla vicenda greca, il premier è rimasto sdraiato su se stesso e sulle posizioni della Merkel. Non mi sembra una straordinaria dimostrazione d'iniziativa politica e capacità progettuale da parte del nostro paese. Renzi ha scelto di giocare un ruolo di conservazione dell'attuale politica comunitaria e come tale si comporta", ha aggiunto l'esponente Cgil.
 
"A ottobre si terrà il congresso della Confederazione europea dei sindacati, che determinerà un cambio del gruppo dirigente con un nuovo segretario generale, Luca Visentini, espressione della Uil, persona che stimiamo e nel quale confidiamo per dare alla Ces una scossa salutare. Serve un sindacato europeo più presente e combattivo, capace d'interpretare le attese e i bisogni di milioni di lavoratori e pensionati, attraverso proposte che proprio nella Ces devono trovare la giusta cassa di risonanza e promozione. Anche nel sindacato, al pari dei partiti, ci vuole una nuova politica, che non sia più espressione dei singoli stati o sindacati nazionali, ma che abbia un progetto di più ampio respiro europeo. Questo, soprattutto oggi, che abbiamo di fronte la sfida globale dei mercati e della finanza, sulla falsariga di quel che fa la Bce, con scelte di carattere strategico che riguardano tutto il continente. Perciò, i sindacati nazionali dovranno cedere quote di sovranità al sindacato europeo, in cambio di un progetto politico sindacale della Ces. Questa è la battaglia che la Cgil porterà avanti al congresso di ottobre, per cambiare verso alla politica sindacale europea", ha rilevato ancora Baseotto.

"Il movimento dei lavoratori può giocare un ruolo importante in un'ottica di trasformazione dell'Europa, perchè dalle loro rivendicazioni possono venire ragioni forti per cambiare anche le scelte di fondo della politica europea. Manca un'Europa politica e sociale, ma non ci rassegniamo, anche se sappiamo che la starda sarà lunga e anche assai difficile. Ripartiamo dal sindacato, dal nostro mestiere, esercitandolo in chiave continentale. È quello che faremo nelle prossime settimane con le nostre iniziative, fino al congresso Ces, coinvolgendo anche le organizzazioni degli altri paesi, compresi i sindacati ellenici, con i quali c'è una discussione molto accesa, perchè la maggioranza di loro ha votato sì al referendum", ha concluso il segretario confederale.