Sulla banda larga e sulla cosiddetta banda ultralarga (da 100 megabit al secondo e oltre) si stanno giocando, in Italia, varie battaglie incrociate. Più o meno carsiche. In ogni caso si tratta di scontri che spesso non sono immediatamente leggibili ai non addetti ai lavori. La questione però è di rilevanza pubblica perché riguarda il futuro del nostro Paese dal punto di vista delle connessioni in rete e quindi dell'innovazione tecnologica in continuo aggiornamento. Ed è una questione che investe direttamente l'attività del sindacato sia dal punto di vista delle sue battaglie politiche generali (sulla politica industriale, per esempio), sia dal punto di vista delle ricadute occupazionali che le diverse scelte strategiche del decisore politico e dei gestori delle telecomunicazioni prenderanno.

Il governo è sceso in campo direttamente in questa battaglia e le dichiarazioni del premier Renzi hanno suscitato varie reazioni da parte degli operatori e dei gestori. Dopo il primo iniziale “scontro” con Telecom alla luce della minaccia di rendere obsoleta la rete di trasmissione in rame dell'ex monopolista, è di oggi la notizia che tutte le reti dei servizi pubblici, non solo quella elettrica, saranno obbligate ad ospitare i cavi per la fibra ottica. Si tratta di un tris di "incentivi" economici: voucher per gli utenti finali, credito d'imposta e Fondo di garanzia per gli operatori che sono contenuti in una quindicina di articoli della bozza del "decreto Comunicazioni", anticipato dal Sole 24 ore.

Si prevede che il decreto possa andare all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri del 31 maggio prossimo. Nella bozza di cui dà notizia il Sole si parla anche di reti condivise, e di «accesso e condivisione delle infrastrutture fisiche esistenti”. Si trae così la logica conseguenza che la tattica del governo Renzi è quella di aggirare gli ostacoli di un accordo preliminare con Telecom e di allargare il più possibile la partita a tutti i soggetti potenzialmente interessati: quindi non solo l'Enel (di cui si era parlato in un'anticipazione di Repubblica della scorsa settimana), ma anche Eni, Tema, Ferrovie, Anas. Tutte le multiutility saranno potenzialmente coinvolte nel piano con la possibilità di usufruire di una "servitù di passaggio" sulle loro reti. Si punterebbe perfino a eliminare ogni autorizzazione per l'occupazione, compresa quella paesaggistica, nel caso di “adeguamento o sostituzione di cavi in fibra ottica su impianti elettrici aerei e interrati, anche in aree vincolate”. Il gioco, come direbbe John Belushi, si fa duro.

Che ci sia tensione e nervosismo in giro lo dimostra anche lo scambio di battute tra i manager di Telecom e il presidente della Cassa Depositi e Prestiti, Franco Bassanini che ha diffuso un comunicato per rispondere direttamente all'esposto presentato da Telecom alla Consob. “Non ho dato e non intendo dare" giudizi sui bilanci Telecom. E' quanto afferma in sintesi il presidente di Cdp Franco Bassanini in una nota. "Apprendo dai giornali di oggi che - secondo un esposto di Telecom Italia alla Consob - avrei messo in dubbio la veridicità dei bilanci della medesima società", premette Bassanini. "In realtà in un convegno scientifico presso l' Università Luiss avevo lunedì scorso esposto le difficoltà incontrate nel tentativo di implementare la soluzione indicata alcuni mesi fa come preferibile dalle due Autorità competenti nel settore, Agcm e Agcom, cioè - spiega - quella di provvedere alla infrastrutturazione di nuova generazione in fibra ottica mediante una società delle infrastrutture non verticalmente integrata, ma partecipata da tutti i maggiori operatori dei servizi di telecomunicazione oltreché da investitori finanziari di lungo termine in grado di offrire identiche condizioni di accesso a tutti gli operatori del settore. "Tra queste difficoltà avevo indicato la ' legittima' preoccupazione di Telecom Italia di salvaguardare il valore di un suo asset fondamentale, la rete di accesso secondario in rame, valore che potrebbe essere eroso da una rapida estensione delle reti in fibra, incentivata dal Piano Banda ultra larga del Governo".

Da parte loro gli uomini di Telecom dicono si essere a completa disposizione dei piani del governo sulla banda larga e ricordano che "negli ultimi dodici mesi lo sviluppo delle reti a banda ultra-larga fisse e mobili ha subito una forte accelerazione". Lo ha sottolineato in particolare il presidente di Telecom, Giuseppe Recchi, aprendo l' assemblea degli azionisti. "Tutto questo grazie alle 25mila persone, tra tecnici e ingegneri, che compongono le nostre divisioni di rete. Sono uomini e donne - dice - eccezionali. Ogni giorno sono loro che fanno l' innovazione tecnologica in Italia". "In tanti - continua - parlano, scrivono e twittano: loro invece agiscono" . Anche l' amministratore delegato di Telecom Italia, Marco Patuano, prendendo la parola nella stessa assemblea dei soci, ha garantito che l' impegno che la societa' "ha profuso nel passato, adempiendo al suo ruolo di gestore della rete nazionale, continuerà a essere dispiegato in futuro. Parteciperemo perciò alle iniziative che il decisore pubblico deciderà di finanziare, mettendo a disposizione del Paese l' enorme patrimonio di competenze ingegneristiche e gestionali di cui l' azienda dispone".

Poi ci sono anche tutti gli altri. Ovvero i gestori delle altri reti telefoniche e di rete di connessioni oltre Telecom e Tim (Wind, Vodaphone, Fastweb, ecc). E poi ci sono le partitte che si intrecciano su tutti i piani della comunicazione digitale. E c'è anche da considerare il terreno di gioco, ovvero un Paese come l'Italia che negli stessi piani del governo è stata spacchettato in quattro mega aree: quell dove c'è più richiesta di connessione, quella intermedia, quella ancora più bassa e quella a rischio fallimento di qualsiasi piano di impresa. Gli interessi (e i bisogni reali dei cittadini) da conciliare sono quindi innumerevoli. Ma la prima condizione affinché il Piano di sviluppo della banda larga abbia successo è a questo punto, con tutta evidenza, un accordo tra gli operatori . Lo sostiene da tempo la Cgil e il suo sindacato di categoria, la Slc, il sindacato dei lavoratori della comunicazione.

Sulla banda larga e le questioni presenti oggi sul tappeto era intervenuto a una trasmissione di RadioArticolo1 la scorsa settimana Fabrizio Solari, segretario confederale della Cgil. Sulla questione dei rapporti tra gli operatori e sul mercato potenziale della banda larga torna a parlare anche la Slc. “Senza un accordo preventivo tra gli operatori – dice per esempio Michele Azzola, dirigente della Slc – non sarà possibile nessun piano. La fase di stallo che stiamo vivendo in questi giorni si spiega proprio con la mancanza di accordo tra i gestori che evidentemente hanno in questo momento interessi e valutazioni diversi perché alcuni (come Telecom e Fastweb) hanno già avviato il processo di innovazione e investimento nelle nuove tecnologie, altri non lo hanno fatto”. Si dovranno quindi studiare le soluzioni migliori anche dal punto di vista tecnico. Le ipotesi in campo sono molte. Una è quella di utilizzare la fibra ottica fino alle cabine telefoniche di zona (cabinet) per poi portare la connessione negli appartamenti con il tradizionale cavo in rame. Un'altra soluzione prevede di scavalcare direttamente il rame per arrivare con la fibra ottica direttamente in casa. Ma qui si pone l'altro grande problema del momento: chi ha veramente bisogno oggi di connessione internet superveloce da 100 magabit al secondo? Non possono bastare connessioni da 30-40 mega?

Vedremo cosa ci riserveranno le prossime battaglie sulla banda larga. Per ora scopriamo che anche Wi-fi e televisione sono considerate nella bozza del governo dove in un articolo si parla di “accesso alle reti wifi della Pubblica amministrazione”. Entro poco tempo la procedura di identificazione dell'utente dei servizi wi-fi messe a disposizione dalle Pa sarà unica e semplificata in virtù del «sistema pubblico per la gestione dell'identità digitale». Sulla tv, oltre al tetto massimo per le frequenze del digitale terrestre, spunta anche un «Fondo per il pluralismo nell'informazione» che ripartirebbe i fondi alle emittenti locali sulla base di criteri di tipo "premiale". Di carne al fuoco ce n'è pure troppa.