Le preoccupazioni sono il tratto che più di altri rivela la nuova identità dei pensionati pugliesi. A rivelarlo è la video inchiesta “Anziani di Puglia condizioni di vita, bisogni e diritti dei pensionati”, presentata oggi (3 luglio) a Bari. L’indagine, commissionata dal Sindacato dei Pensionati della Cgil, è stata sviluppata e realizzata dal sociologo barese Leonardo Palmisano e dalla società cooperativa Radici Future. Un quadro in cui, per esempio, la variabile tempo (le liste d’attesa) supera la paura del dolore della malattia, mentre il pensiero del futuro dei figli toglie sonno e serenità. Anche in queste preoccupazioni gli anziani sono sempre più soli. Più grandi sono le città in cui vivono più aumenta il disagio. Si allentano le reti della solidarietà , crescono le difficoltà a impattare un sistema dei servizi ormai incapace di rispondere a bisogni vecchi e nuovi.

"E la solitudine è una delle peggiori forme di povertà a volte anche più difficile da combattere – afferma il segretario generale di Spi Cgil Puglia Gianni Forte -. Questo ci carica di responsabilità". Ecco perché lo Spi pugliese ha voluto indagare attraverso una video inchiesta sentimenti, stati d’animo, frustrazioni, angosce della popolazione over 65 della regione. Le persone anziane sono in continua crescita, oltre il 22% in Puglia. Il 60 per cento dei pensionati vive con assegni al di sotto dei 500 euro. "Ma oltre una povertà materiale - afferma Forte - emerge e viene denunciata una povertà immateriale, quella che rende le persone più sole. Con una qualità della vita compromessa dalla mancanza di servizi, di luoghi in cui ritrovarsi insieme agli altri. Di reti di solidarietà. Di attività che favoriscano quello che viene definito invecchiamento attivo”. 

Sul taglio ai sevizi socio sanitari è intervenuto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano,  che ha parlato di un Puglia “figlia di un Dio minore. Il Fondo sanitario nazionale annualmente ci destina 600 milioni meno dell'Emilia Romagna, regione a noi simile, e operiamo con 15mila addetti in meno. C'è bisogno di un riequilibrio anche perché stiamo applicando le leggi, mettendo a posto i bilanci. Avrei fatto a meno di chiudere ospedali. C'è chi nel Sud sta messo peggio, noi non siamo commissariati e vogliamo interloquire con il ministero dell’Economia e della Salute. Il 60 per cento dei pugliesi va in undici ospedali. Abbiamo ancora 31 strutture ospedaliere per quattro milioni e mezzo di abitanti. Non sono pochi”. Quanto ai presidi territoriali di assistenza “stiamo investendo 400 milioni. E sarà un intervento che aiuterà anche a decongestionare anche l'emergenza urgenza”.

Per Pino Gesmundo, segretario generale della Cgil Puglia, “emerge dall'indagine una richiesta di cambiare lo stato delle cose. Non emerge un mondo rassegnato, anzi la consapevolezza di voler e poter dare un contributo a migliorare la nostra società. Non solo per sé, lo abbiamo sentito nelle video interviste, non solo la salute e la risposta ai bisogni propri degli anziani, anzi il primo tema che rappresentano come emergenza è quello del lavoro. Per i propri figli e per i propri nipoti. È una richiesta anche di partecipazione, di chi ha la voglia di fare il suo. Noi lo sappiamo lo vediamo nelle nostre iniziative e manifestazioni, ed è la richiesta di chi per questo – lavoro, salute, diritti – ha lottato in prima persona”. 

L'aspetto centrale secondo l’autore della ricerca è l'affievolimento della centralità dell'anziano nella vita pubblica e privata. "C'è un diffuso malcontento vero la politica – afferma Palmisano - soprattutto tra chi la politica l'ha fatta durante la prima repubblica. C'è forte disomogeneità, per esempio, tra città industriali, come Taranto o Bari, e città di servizi, come Lecce. Nelle industriali il tema del lavoro per i nipoti e per i figli è una preoccupazione. In quelle di servizi c'è una tendenza a lamentarsi di più, a reagire meno. Diversamente accade a Foggia e nella Bat, dove si avverte una forte preoccupazione per la micro e la macro criminalità".

“Purtroppo quel che abbiamo sentito - commenta Ivan Pedretti, segretario generale SPI nazionale non è diverso in altri territori - Gli anziani intervistati non si fidano più dello Stato e ciò è grave. Il secondo problema che sollevano e la mancanza di prospettive per i giovani.

La percezione del modo di gestire la sanità ha un peso forte. Si chiudono gli ospedali ma non si attivano i centri di assistenza territoriale. A questo gli amministratori devono rispondere. Se si vuole cambiare davvero va ricostruito un sistema di protezione sociale vicino alle persone e il primo intervento è la prevenzione, che significa far stare bene le persone e risparmiare su sanità e farmaci”.