Se provassimo per qualche ora a distaccarci dai social, a non leggere i giornali e sopratutto a non guardare le televisioni e cercassimo di analizzare solo dei semplici dati, freddi ed oggettivi, che riguardano la nostra regione, forse ci accorgeremmo che oltre a non esserci nessuna invasione, esiste un problema enorme e drammatico che si chiama perdita demografica, che certamente non riguarda solo le Marche ma l’intero paese, ma che è oggettivamente uno dei temi più importanti sul quale la classe dirigente e politica dovrebbe soffermarsi, riflettere e trovare soluzioni.

Bisogna inizialmente trovare il coraggio di andare controcorrente e di affrontare invece un tema veramente urgente ed emergenziale che è quello dello spopolamento della nostra regione e l’invecchiamento della popolazione marchigiana, cioè il tema del futuro. Le cronache ci parlano solo di un’invasione di stranieri, invasione che in questo momento sarebbe rappresentata (dati Prefetture) da 5.304 uomini, donne e minori ospitati nelle strutture delle Marche. Il numero di ospitati, se diviso per il numero dei Comuni della nostra regione, farebbe emergere una realtà “spaventosa” di 23 migranti per Comune e l'enorme sproporzione che esiste tra la realtà e l’apparenza su un tema delicato che ci martella ogni giorno. Senza scomodare Schopenhauer o Orwell, appare chiaro ai più come l’arte della propaganda sia molto diffusa anche nelle cosiddette democrazie occidentali piuttosto che essere solo una pratica dei regimi totalitari.

Tutto ciò non senza negare semplicisticamente i problemi che l’emergenza degli sbarchi può provocare per il paese, ma sopratutto i drammi umani e le sofferenze per i migranti stessi. Non si tratta solo di contrastare un senso comune che vede una grande parte della popolazione sentirsi vittima di una sostituzione etnica, ma semplicemente di avere a cuore il futuro e la salvaguardia del nostro territorio, della nostra economia e della nostra cultura, senza tirare fuori argomenti piuttosto spinosi, antipatici, ma veri, riguardo la tenuta del nostro sistema previdenziale, se non troviamo in fretta il modo di aumentare il numero di giovani che lavorano e versano contributi da lavoro dipendente.

Tornando ai dati, quelli forniti dall’Istat ed elaborati dall’Ires regionale e alla realtà incontrovertibile, emerge che nelle Marche la popolazione era nel 2013 pari a 1.553.138 abitanti e alla fine del 2016 pari a 1.538.055, cioè quasi l’1% di diminuzione, pari a 15.083 cittadini. In quattro anni, praticamente è sparita una città come Urbino, senza che nessuno se ne sia accorto.  Ma sarebbe altrettanto utile capire chi, perché e verso quali lidi o dipartite sono andate queste persone. I nati sono passati dai 12.633 del 2013 agli 11.482 del 2016, con una diminuzione del 9,11% in appena quattro anni e i decessi sono passati dai 17.116 del 2012 ai 17.322 del 2016, sostanzialmente in linea in tutti gli anni precedenti.  Tra i nati nel 2012, il 18,5% erano figli di stranieri, che però componevano solo il 9% della popolazione totale. Nel 2016 tra i nuovi nati il 15,3% erano figli di stranieri su un totale del 8,9% dell’intera popolazione.

Dal 2012 al 2016 si sino accumulati saldi negativi tra nati e deceduti pari a 24.762 cittadini e si viaggia negli ultimi due anni a circa 6.000 persone in meno all’anno.  Il saldo negativo di 24.762 nel quadriennio è solo parzialmente attutito dai nuovi residenti, sopratutto dai nuovi cittadini provenienti dall’estero e da un saldo migratorio positivo tra chi è entrato e chi è partito pari a 18.845 persone. In assenza di questo dato che segna gli ingressi dal 2012, la perdita demografica nelle Marche si sarebbe attestata a 33.928 cittadini, cioè avremmo assistito in quattro anni alla scomparsa di una città come Osimo o come Fabriano.

La nostra riflessione non può quindi prescindere anche dall’analizzare il dato dei cancellati per l’estero, che viaggiano ormai a colpi di 4.700 cittadini l’anno. I dati dell’Aire a nostra disposizione ci dicono che i giovani marchigiani di età compresa tra i 18 e i 34 anni residenti all’estero sono passati dai 25.627 del 2012 ai 28.202 del 2015, con un aumento in tre anni del 10%. Da un sondaggio effettuato dall’Associazione Culturale Communia, realizzato tra gennaio e febbraio del 2016, emerge che sono partiti dalla Marche giovani con un livello di istruzione alto (Laurea triennale e Laurea magistrale/specialistica/a ciclo unico), titolo di studio che sembra influenzi la professione svolta nel paese di destinazione.

In conclusione, dal 1985 al 2015, in 30 anni e nonostante un afflusso importante di immigrati residenti dalla fine degli anni ‘90, la popolazione marchigiana da 0 a 34 anni è diminuita del 20% passando da 642 mila persone a 515 mila e quella dai 35 agli 80 e oltre è aumentata del 33% passando da 773 mila a 1 milione e 35 mila. Siamo una regione da cui la gente scappa per emigrare, e questo non è certo un buon segno di salute, sintomo che di frequente si riscontra quando si è in presenza di economie poco attraenti.  Invertire questa tendenza è necessario, per evitare che sempre di più le Marche diventino una regione per anziani e non, come dovrebbe, una regione che guarda al futuro.  Bisognerebbe rovesciare il problema, provare a guardare l’esistente da questa prospettiva e smetterla di inseguire paure, perché oggettivamente è molto meglio un paese che si riempie, di un paese che si svuota. Questo è il vero problema, ma a molti sembra sfuggire.

Giuseppe Santarelli è segretario regionale Cgil Marche