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Ancora semaforo rosso nella difficile trattativa in corso a Confindustria a Roma per la vertenza Almaviva. "La proposta avanzata dall'azienda non rispecchia le indicazioni del governo. Non siamo disponibili ad accordi che ledono di fatto il livello reddituale dei lavoratori", questo il commento rilasciato all'Ansa dal segretario provinciale della Slc Cgil di Palermo, Maurizio Rosso, che sta partecipando alle trattative riprese oggi, 26 aprile, a Roma, presso la sede di Unindustria.
"Al momento non ci sono i presupposti per firmare alcuna intesa - spiega ancora Rosso - Nel caso in cui il quadro dovesse mutare e l'azienda fosse disposta a rivedere le proprie posizioni e si riuscisse, quindi, ad arrivare a una mediazione, sottoporremo la proposta ai lavoratori con lo strumento del referendum, perché quanto illustrato oggi da Almaviva non sono semplici misure di flessibilità, ma é un vero e proprio piano di ristrutturazione aziendale. Per questa ragione é fondamentale che siano i lavoratori a decidere".
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Primo vertice a Roma, nessun presupposto per l'accordo
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Un'altalena di speranze e delusioni, aperture e marce indietro: questa è la vicenda Almaviva Contact. Dopo la lunghissima riunione di mercoledì 20 aprile, e le due giornate seguenti di assemblee con i lavoratori, oggi (martedì 26 aprile) e domani azienda e sindacati sono di nuovo faccia a faccia a Roma. Sul tavolo la proposta lanciata dal governo, per mano del vice ministro allo Sviluppo economico Teresa Bellanova (che sta seguendo la vertenza): revoca dei 2.988 licenziamenti annunciati a Palermo (1.670), Roma (918) e Napoli (400), applicazione dei contratti di solidarietà di tipo difensivo fino a novembre in tutte le sedi della società.
Una proposta, però, bocciata dai sindacati. L'accordo, spiegano Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil, certificherebbe "gli esuberi individuati dall'azienda, con un contratto di solidarietà al 45 per cento per le sedi di Roma e Palermo, al 35 per la sede di Napoli e con percentuali minime perle altre sedi". Tale proposta, continua la nota sindacale, "condannerebbe i 4600 lavoratori di Roma e Palermo, oltre a parte dei lavoratori di Napoli, ad un'intesa che dimezzerebbe il loro reddito. Per i part time si andrebbe sotto gli 8mila euro annui, praticamente sotto la soglia di povertà". In questo modo, inoltre, i lavoratori perderebbero anche gli 80 euro del cosiddetto "bonus Renzi" e sarebbero costretti a restituire quanto già percepito nei primi mesi dell'anno.