Il lavoro è la soluzione. Analisi, idee e proposte Cgil nella settimana di Futura 2021
La redazione di Collettiva.it, che sta seguendo tutti gli appuntamenti della settimana di dibattiti Cgil curandone anche le dirette dei singoli eventi, ha creato uno spazio dedicato sul sito dove si raccolgono tutti i materiali della settimana di Futura 2021: video, dirette dei dibattiti organizzati dalle varie categorie della Cgil, dai patronati e dai Caf, articoli, interviste:

Sulle prime pagine
Il manifesto dedica la sua copertina alla “tregua armata” tra Usa e Russia, ma lancia in apertura due notizie importanti: l’aumento della povertà a causa degli effetti della pandemia e le proposte emerse in uno dei convegni della settimana Cgil: l’intervento del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini al convegno sui 120 anni della Fiom. “Il 26 in piazza per il diritto del lavoro” (Massimo Franchi a pagina 5). Nell’articolo di Franchi, oltre alle dichiarazioni di Landini sulla battaglia contro lo sblocco dei licenziamenti, si rilanciano anche le proposte del segretario generale a proposito del tema centrale della riunificazione del mondo del lavoro. Si deve lavorare alla costruzione di un nuovo soggetto unitario democratico che rappresenti tutto il mondo del lavoro e sappia incidere sulle scelte dei governi. L’appuntamento immediato sarà quello del 26 giugno, giorno in cui i sindacati confederali torneranno in piazza in tre città (Torino, Firenze e Bari) per chiedere la proroga del blocco dei licenziamenti. Ripensando alla storia dei 120 anni della Fiom e soprattutto al futuro del lavoro, Landini ha detto ai giovani che “i diritti si conquistano sempre con la lotta e l’organizzazione”. Sulle prime pagine degli altri quotidiani in evidenza i risultati dell’incontro tra Biden e Putin. Sul Corriere della Sera il “no alla guerra fredda” con la dichiarazione congiunta sulla stabilità nucleare. Al via i negoziati sulla cyber sicurity. “Biden-Putin, la sfida del dialogo”, è il titolo di Repubblica che racconta il faccia a faccia dei due presidenti durato tre ore. Una delle notizie dell’incontro riguarda il ritorno degli ambasciatori dopo l’ncidente diplomatico scaturito dal una dichiarazione di Biden su Putin, definito “un killer”. Tra Usa e Russia è però ancora scontro sui diritti umani e Ucraina. La Stampa e il Messaggero scelgono invece come apertura i problemi del post pandemia. “Stato di emergenza. È scontro. Londra teme un’altra ondata” è il titolo di apertura del Messaggero. “Lo strappo delle Regioni sul cocktail dei vaccini”, è il titolo de La Stampa. Tra le aperture di oggi si distingue quella del Sole 24 ore che da una parte mette in evidenza le previsioni della Fed sull’inflazione al 3,4% nel 2021 e la presentazione di Lina Khan che a 32 anni è chiamata a guidare l’Antitrust Usa: le big tech saranno sotto tiro. La notizia che rimbalza su tutte le prime pagine è sportiva: la nuova vittoria della nazionale italiana agli europei di calcio. Dopo la Svizzera, ora si va alle finali.

Il boom di poveri fa notizia
Se ne parla sull’Avvenire con un’analisi di Francesco Riccardi che mette a confronto i dati Istat con le rilevazioni Caritas sul campo (a luglio il rapporto completo). Quello della Caritas è “un osservatorio privilegiato che conferma innanzitutto la portata devastante della pandemia sul piano economico sociale. Se, infatti, prima del Covid ai centri Caritas si rivolgevano in media 200mila persone l'anno, con un trend in calo, solo tra marzo e maggio 2020 sono stati ben 450mila a bussare alla porta delle Caritas, per arrivare poi a 545mila tra settembre 2020 e marzo 2021. 'Fra questi, il 60% è italiano (erano il 44% nel 2019) e per quasi un terzo si trattava di persone che per la prima volta si rivolgevano a un centro di aiuto. Tra i nuovi profili di povertà si rintracciano alcune costanti: anzitutto la presenza di giovani coppie o genitori singoli con figli minori, in cui l'unico adulto che lavora ha redditi inferiori a 1.000 euro. E poi single con meno di 34 anni o sopra i 55 che non lavorano (e non hanno pensione). Parallelamente si assiste alla cronicizzazione della intensa deprivazione di chi già si rivolgeva alla Caritas, in particolare persone disoccupate con basso livello di istruzione. L'impatto della crisi è ben visibile nei 7 nuclei su 10 di beneficiari continuativi con al proprio interno un membro che ha subito la sospensione dell'attività lavorativa; mentre in un quarto delle famiglie un componente ha perso il lavoro e in un sesto dei casi c'è stata una riduzione dell'orario (e del salario). L’indagine Istat è basata sui consumi e dunque occorrerebbe calcolare la tara di lunghi periodi di lockdown a negozi chiusi e acquisti ridotti. , (a pagina 4)

Colpito anche chi lavora
Uno dei dati più preoccupanti nel generale dramma dei numeri della povertà riguarda l’aumento di quella categoria sociale definita working poor, ovvero la povertà nonostante il lavoro. Da questo punto di vista è molto interessante l’intervista di Repubblica (Valentina Conte a pagina 8, dove la stessa giornalista fa il punto in generale dei dati Istat) ad un operatore della Caritas di Reggio Emilia. Andrea Gollini, 35 anni, due lauree e tre figli, in Caritas a Reggio Emilia da 16 anni - prima volontario, poi operatore e dal 2018 vicedirettore - si è preso subito il Covid, a pandemia appena scoppiata. “Il Covid ha smascherato l'illusione di un equilibrio già precario. I dati dell'Istat ne sono una conferma: da anni ormai indicano un'ascesa inarrestabile della povertà assoluta. Non solo povertà economica, ma educativa, mentale, relazionale”. Come vi siete mossi? Chi sono le persone che vi hanno cercato? “Abbiamo registrato un 25% in più di richieste alimentari. Abbiamo seguito 2.800 famiglie, all'incirca 8 mila persone: numeri importanti per Reggio Emilia. Siamo passati da una a cinque mense diffuse: più piccole per controllare meglio il virus, ma anche per ricostruire legami. E ha funzionato. Abbiamo trasformato un dormitorio notturno in casa famiglia per dieci ospiti: due giovani volontari si sono offerti di vivere con loro per tutto il lockdown, un'esperienza straordinaria. Abbiamo subito istituito un fondo di emergenza per le famiglie e centralizzato le donazioni che all'inizio stentavano, ma poi sono arrivate, a partire dalle fette biscottate che gli alberghi non usavano più. Subito ci siamo resi conto che se ne usciva solo insieme: Croce Rossa, scout, universitari, tanti giovani e anche ristoratori volontari”. Qual è il volto nuovo della povertà in epoca Covid? “E la famiglia giovane con due figli che ci chiede di pagare le rate del mutuo perché lei ha perso il lavoro e lui ha le ore e lo stipendio tagliati. È il papà che ci scongiura di saldare la rata dell'auto perché altrimenti non sa come andare al lavoro. È l'immigrato pizzaiolo, stimato e ben inserito, tornato all'improvviso povero. È Mario che si stava buttando via in strada, dopo che un infarto gli ha rubato il lavoro, la moglie e i figli che lo abbandonano. L'abbiamo ospitato nella casa famiglia, si è rialzato: ora fa un tirocinio come cuoco. Sono i bimbi tagliati fuori dalla didattica a distanza perché senza tablet. È Angelo, malato psichiatrico a cui abbiamo chiesto di fare accoglienza in mensa, e che ci ha detto: "Prima ero un numero, ora ho una responsabilità". È l'anziana con 1 a pensione, ma barricata in casa, sola e senza nessuno che le fa la spesa. Questa povertà non la conoscevamo, non così. Non con queste storie”. Eravate attrezzati per questo? “Ci siamo reinventati. All'inizio c'era panico e caos: i sussidi e la Cig che non arrivavano, i dpcm da studiare, le moratorie di debiti e mutui da spiegare alle persone, i servizi sociali pubblici chiusi per Covid. Noi ci siamo sempre stati”. E ora? “La povertà si è stabilizzata, ma su numeri alti: questo preoccupa. Temiamo lo sblocco degli sfratti e dei licenziamenti. Qualcuno ha trovato lavoro, ma anche in una terra ricca e operosa come la nostra si fa ancora molta fatica”.

Un milione in più anche il prossimo anno?
Se lo chiede Roberto Ciccarelli sul manifesto, mettendo a confronto la fotografia dell’Istat con le stime di ulteriore crescita della povertà nei prossimi mesi (a pagina  4). Un milione di poveri assoluti in più nel primo anno della pandemia: da 4,6 milioni nel 2019 a oltre 5,6 nel 2020. Le famiglie in povertà sono oltre due milioni. Senza un'evoluzione del cosiddetto «reddito di cittadinanza» verso un reddito di base l'anno prossimo ci ritroveremo a commentare l'aumento di un altro milione di poveri. Questa misura può essere creata innalzando i criteri di accesso come l'indicatore della situazione economica equivalente (Isee) liberato da vincoli e condizionalità che oggi escludono i soggetti più colpiti: i lavoratori poveri che hanno perso il lavoro e i cittadini extracomunitari residenti da meno di dieci anni. Le stime comunicate ieri dall'Istat sono definitive. Mai questo livello era stato raggiunto dal 2005, anno in cui sono iniziate ad essere compilate le serie storiche. Rispetto alla crisi del 2007-2008, da cui l'Italia non si è ancora ripresa, quella innescata dal Covid si annuncia peggiore, mentre gli strumenti del Welfare restano inadeguati…

Del boom della povertà (anche di quella “assoluta” dunque) si parla anche su altri giornali. Paolo Baroni scrive per la Stampa e il Secolo XIX: “Due milioni di famiglie in povertà assoluta”. Sul Sole 24 ore dei dati Istat sulla povertà parla Carlo Marroni a pagina 8: “In povertà assoluta 5,6 milioni. Crescita record nell’anno Covid. Sul Corriere della Sera ne parla Rita Querzè a pagina 31: “Poveri, nuovo record a quota 5,6 milioni. Ora salgono al Nord”. Sul Fatto Quotidiano scrive Roberto Rutunno (p.4). Su La Notizia Rebecca Greco sostiene che ora risulta impossibile eliminare il Reddito di cittadinanza con 5,6 milioni di poveri (p. 7). La notizia viene rilanciata anche su alcune testate locali (L’Eco di Bergamo e La Sicilia per esempio)..

Altre segnalazioni da Collettiva.it
Patrizia Pallara analizza i dati dell’Ilo sul lavoro domestico nel mondo: Sono 75,6 milioni le lavoratrici e i lavoratori domestici nel mondo. Hanno sofferto le conseguenze della crisi sanitaria più di altri, così come le famiglie che vi si affidano per avere assistenza e cura. E le loro condizioni di lavoro, la cui qualità era già piuttosto scarsa, sono peggiorate. Nella fase più acuta e critica della pandemia in tanti hanno perso il lavoro: tra il 5 e il 20 per cento nella maggior parte dei Paesi europei, in Canada e in Sudafrica, tra il 25 e il 50 per cento nelle Americhe. La fotografia di questo settore, che rappresenta il 2,3 per cento dell’occupazione totale, ce la fornisce il nuovo rapporto dell’Ilo, Organizzazione internazionale del lavoro, redatto a dieci anni dall’adozione della storica Convenzione n. 189 del 2011, grazie alla quale in molti Paesi colf e badanti hanno conquistato una tutela giuridica: oggi solo l’8,3 per cento è completamente escluso da garanzie e coperture, soprattutto negli Stati arabi, in Asia e nel Pacifico, il 49 per cento ha diritto a un riposo settimanale, il 34,8 alla limitazione del normale orario, il 43 ha pari diritti per quanto riguarda le ferie retribuite. Progressi sono stati compiuti sul fronte di salario minimo, sicurezza sociale, congedi maternità.

Sui problemi dei lavoratori del settore dei trasporti da segnalare la videointervista al segretario generale della Filt Cgil, Stefano Malorgio a cura di Simona Caleo:  Nella rubrica Buona Memoria, nei giorni del campionato europeo di calcio, Ilaria Romeo parla dell'indimenticabile partita tra la Germania e l'Italia del 17 giugno 1970

Tutti gli appuntamenti in agenda
Per tutti gli appuntamenti in calendario vedi l’agenda sul sito della Cgil nazionale:  e l’agenda di Collettiva.it.