Estate, tempo di vacanze e di mare, tempo di calcio e partite, tempo di Europei. Nelle notti magiche che tutti ricordiamo e ricorderemo l’Italia scende in campo esattamente come quel 17 giugno 1970 quando gli Azzurri battevano la Germania per 4-3. 

La partita ha inizio alle ore 16:00 di mercoledì 17 giugno 1970 presso lo Stadio Azteca di Città del Messico, a circa 2.200 m. d’altitudine e sotto la direzione dell’arbitro messicano Arturo Yamasaki, ex portiere, peruviano di discendenza giapponese. 

“Ascoltatori italiani buonasera - esordiva con il suo stile asciutto Nando Martellini - in diretta via satellite dal Messico. La nazionale italiana con le belle e precedenti prove, specialmente con la partita contro il Messico nei quarti di finale, ha conquistato il diritto di disputare allo stadio Azteca la semifinale per il campionato del mondo”. 

In realtà le due nazionali sono arrivate in semifinale attraverso percorsi differenti. L’Italia nella fase eliminatoria ha racimolato una sola vittoria contro la Svezia e due pareggi. La Germania, invece, è reduce da quattro vittorie consecutive.

Finirà 4-3 e gli Azzurri disputeranno, dopo trentadue anni, una finale mondiale poi persa per 4-1 contro il Brasile di Pelé.

“Non fossi sfinito per l’emozione, le troppe note prese e poi svolte in frenesia, le seriazioni statistiche e le molte cartelle dettate quasi in trance, giuro candidamente che attaccherei questo pezzo secondo i ritmi e le iperboli di un autentico epinicio - scriveva l’indomani su Il Giorno Gianni Brera - Il vero calcio rientra nell’epica”.

Mexico 70 è il primo Mondiale in diretta TV intercontinentale. 

“Achtung Azzurri!” titolava il Corriere dello Sport, acquistabile per 70 lire, riportando la notizia che gli azzurri, se avessero vinto, avrebbero ricevuto otto milioni di lire a testa, quattro volte il salario annuo di un metalmeccanico. .

Perfino un sobrio commentatore come Nando Martellini, uomo dai lunghi silenzi, va fuori giri e grida a squarciagola: “Rivera, rete! Rivera ancora, 4-3, 4-3 gol di Rivera! Che meravigliosa partita ascoltatori italiani! Non ringrazieremo mai i nostri giocatori per queste emozioni che ci offrono”.

“Quel che sorprende ed entusiasma - scriveva Gino Palumbo sul Corriere della Sera - è (…) che, in circostanze così ardue gli azzurri abbiano saputo soffrire più dei tedeschi, resistere alla fatica più di loro, reagire alle avversità meglio di loro, mostrare un carattere ancora più ostinato ed un temperamento ancora più orgoglioso”.

Scriveva Antonio Ghirelli: “L’eco dell’avvenimento fu enorme. Un banchiere italiano, che seguiva la partita per televisione a Montevideo, cadde fulminato da un infarto. In Italia oltre trenta milioni di appassionati rimasero incollati davanti al video, sebbene fosse mezzanotte passata. Molti andarono a coricarsi, sconsolati, quando Schnellinger aprì il fuoco nei tempi supplementari, ma alla rete di Burgnich un urlo lanciato in centinaia di case (...) e l’esito finale della pugna spinsero migliaia di appassionati nelle strade e nelle piazze”.

“Anche se per 90 minuti fu di una bruttezza rara - ricordava lo scorso anno il portiere Albertosi - nei supplementari fu un fuoco d’artificio dietro l’altro. Il bello è che non ci accorgemmo subito di ciò che avevamo compiuto. Ci riuscimmo solo all’arrivo dei giornali e dalle immagini tv dell’Italia impazzita a fare il bagno nelle fontane. Le macchine imbandierate, i cortei”.

“Noi tutti - dirà anni dopo Gigi Riva - dopo che l’arbitro fischiò la fine, avemmo la percezione di quello che era successo, dell’importanza della nostra impresa. Eravamo stravolti dalla stanchezza, ma dall’Italia arrivavano notizie di incredibili festeggiamenti in ogni dove. La chiave del successo? La capacità di non mollare mai, anche quando tutto sembra obiettivamente perso. Questo l’insegnamento che ‘Italia-Germania4-3’ può dare ai giovani affascinati davanti alla tv ancora oggi: se non si molla, tutto è possibile”. 

Perché Italia - Germania (e non aggiungere 4 a 3 è praticamente impossibile) è esattamente questo: è la notte della rinascita - non solo calcistica - di una squadra di uomini nati durante quella guerra che aveva fermato anche il calcio italiano.

È la partita della gioia collettiva, dell’orgoglio nazionale raccontata in film, opere teatrali, libri. 

‘Italia-Germania 4 a 3’ è il risultato che conosce anche chi non ha mai visto una partita di calcio,  è la partita che ha attraversato le generazioni e che tutti conosciamo come se l’avessimo vista quella notte allo stadio.

“Quella partita è stata come la prima ragazza - scriveva Gianni Cerasuolo -  come l’esame di maturità, come incontrare i compagni di liceo e di facoltà, quelli dispersi dopo il Sessantotto. Un’operazione Grande freddo, una scossa di nostalgia e di sentimentalismo. Forse tornava buona anche per non parlare d’altro e di come eravamo cambiati. Già, e voi con chi stavate: con Rivera o con Mazzola?”.