Dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto legge Rilancio, le organizzazioni sindacali di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs e Federcolf, salutano con favore il provvedimento normativo, che in parte coglie quanto richiesto nelle scorse settimane al Governo dalle parti sociali firmatarie della contrattazione nazionale di settore. Le quattro organizzazioni sindacali sottolineano che “il Governo finalmente si accorge del lavoro domestico e della grave piaga del lavoro irregolare che lo affligge, con solo il 42% di lavoratori italiani e stranieri regolarmente assunti”.

I sindacati ritengono che “tale misura, seppur contingentata nel tempo, possa offrire una possibilità per le lavoratrici e i lavoratori del settore domestico sprovvisti di permesso di soggiorno, di poter essere regolarizzati e dunque di uscire dalla clandestinità e da una condizione di ricattabilità, oltre che di poter usufruire delle protezioni sociali e delle tutele previste dalla contrattazione collettiva”, sebbene “il costo di regolarizzazione è ancora una volta ad esclusivo carico delle famiglie datrici di lavoro, già fortemente provate dall’emergenza economica in atto”.

Rispetto alla tutela del reddito, i sindacati stigmatizzano l’esclusione della platea dei lavoratori domestici dagli ammortizzatori sociali in deroga per causale Covid-19, in sostituzione dei quali è stato riconosciuto un bonus, sotto forma d'indennità, pari a 500 euro mensili a copertura dei mesi di aprile e maggio, destinata solo a chi è titolare di uno o più rapporti di lavoro, aventi una durata complessiva superiore alle dieci ore settimanali. Questo provvedimento esclude, di fatto, i rapporti di lavoro pari o inferiori alle dieci ore settimanali e tutte le lavoratrici conviventi per la maggior parte badanti” che, da sole, rappresentano più del 50% dell’intera platea di lavoratori regolarizzati stimati dall’Inps in 860.000 addetti.

“Così come definito, il provvedimento è discriminatorio rispetto a quanto previsto per gli altri lavoratori subordinati, che hanno rapporto di lavoro in corso al 23 febbraio e non va nella direzione da noi avanzata nell’Avviso comune”, dichiarano i sindacati, sottolineando che “la norma taglia fuori dalla tutela del reddito più della metà delle lavoratrici e lavoratori potenzialmente aventi diritto”, rimarcando anche “la disparità di trattamento tra quanto stabilito per le lavoratrici e lavoratori domestici e l’importo delle indennità finora riconosciute dal decreto Cura Italia, pari a 600 euro, peraltro confermato anche nel decreto Rilancio”.

I sindacati auspicano che, in sede di conversione in legge del dl Rilancio, “venga riconosciuta la tutela del reddito a tutti i lavoratori domestici che sono stati sospesi dal lavoro per effetto della emergenza Covid-19” e rilanciano infine “sul valore della contrattazione nazionale di settore, unico vero strumento in grado di dare dignità e riconoscimento al lavoro prestato tra le mura domestiche”.