Dopo una storia lunga vent’anni, la Cict-Contship Italia ha tradito 200 lavoratori e lasciato il Porto canale di Cagliari per abbracciare altri lidi, come Tangeri. Sino a poco tempo fa movimentava anche 30 container l'ora, e lo scalo incastonato nel Golfo degli Angeli era il terzo per traffici in Italia. Lo scorso 2 settembre, invece, Contship ha negato la proroga della cassa integrazione per sei mesi garantita dal governo, chiudendo la procedura di licenziamento collettivo che tutti speravano di congelare, almeno sino all'arrivo del nuovo terminalista.

Resta la speranza di una ripartenza, con un altro concessionario: l'unico a rispondere alla chiamata internazionale bandita dall'Autorità portuale è la società inglese Pifim, insieme al Port of Amsterdam International. Certo, la mancata proroga della cassa slega i lavoratori dall'azienda e, quindi, da un passaggio diretto a quella subentrante. Una beffa. Raffaella Manigas, fra le prime assunte nel Duemila e per anni responsabile dell’ufficio risorse umane, rende l'idea con un'immagine: “Il salvagente c'era, nessun costo aggiuntivo per la Contship, eppure ha preferito guardarci annegare”.

Intanto, dopo tre proroghe, il bando pubblicato lo scorso dicembre dall'Autorità portuale si è chiuso il 31 agosto con l'offerta anglo-olandese, che ora è al vaglio di una commissione tecnica. Se supererà l'ostacolo, verrà resa pubblica e poi, entro 60 giorni, altri soggetti potranno concorrere o presentare osservazioni. Il presidente dell'Autorità portuale Massimo Deiana non scuce una parola sul merito della proposta: “La prossima settimana dovremmo avere un incontro con i proponenti per chiarire alcuni aspetti”. Tutto qui? “Se il processo avviato con la call dovesse chiudersi positivamente – aggiunge – abbiamo previsto un obbligo di riassorbimento prioritario dall’attuale forza lavoro, le professionalità maturate negli anni rappresentano un asset importante”.

Unico giocatore in campo, si diceva, è la holding d'investimento di diritto inglese Pifim, guidata dall’imprenditore nuorese Davide Pinna, che ha risposto all'appello insieme alla società del porto olandese. In ballo ci sono il fondale e i 1.600 metri di banchina, il piazzale da 400 mila metri quadri con i suoi fabbricati, poi la Zona franca doganale interclusa e la Zona economica speciale attesa da oltre un anno e mezzo.

A illuminare il futuro del Porto canale c'è anche il via libera paesaggistico sancito a fine luglio dal Consiglio dei ministri, che ha finalmente chiuso la querelle decennale fra Autorità portuale e ministero dei Beni culturali. Oggetto del contendere, la tutela del litorale La Playa, rigidamente protetto da un decreto dal 1967 e motivo principale del blocco di 130 milioni di euro destinati alle opere necessarie a far crescere e rendere competitivi scalo industriale e porto storico. La decisione del Consiglio dei ministri rende finalmente realizzabili il banchinamento e il terminal per navi Ro-Ro, il secondo lotto del distretto della nautica e tutte le infrastrutture correlate.

“Quel via libera è stato uno snodo centrale nella vertenza”, commenta il segretario generale della Cgil cagliaritana Carmelo Farci, che da anni, insieme a Cisl e Uil, sollecitava l'intervento del governo nazionale: “È evidente che la vera svolta si avrà solo quando il terminal sarà ripopolato da merci e container, quando tutti i lavoratori saranno tornati in servizio”. La partita si gioca anche sul tavolo interministeriale con Sviluppo economico, Lavoro e Trasporti, che insieme a sindacato e Regione, pochi giorni fa hanno provato a tracciare un percorso per salvaguardare tutti i dipendenti licenziati dalla Cict-Contship.

“Abbiamo chiesto l’applicazione della stessa normativa già rodata al porto di Taranto”, aggiunge la segretaria Filt Cgil Cagliari Massimiliana Tocco: “Un contenitore dentro il quale blindare l’organico legato al transhipment. Al momento c'è la volontà politica, ma le procedure e l’intera percorribilità dell’operazione sono in fase di studio”. Il sindacato sollecita anche un piano di politiche attive e formazione, con specializzazioni che consentano di venire incontro alle esigenze del futuro concessionario. Nell'attesa i lavoratori non smettono di crederci, nonostante la banchina deserta e le troppe incognite sul futuro: “Dispiace osservare immobili le vecchie gru su cui lavoro da quando avevo 19 anni – commenta Marco Manca, gruista – ma non posso credere che un crocevia di traffici così centrale nel Mediterraneo non possa avere un'altra chance”.