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Non ci provate neanche: utilizzare le presunte difficoltà delle legge sulla par condicio per non parlare dei referendum in tv è un escamotage non degno di un paese civile. Vincenzo Vita, che come sottosegretario al ministero delle Comunicazioni ne è stato uno dei padri nel 2000, su questo non ha dubbi. E ci spiega perché.
Una leggenda metropolitana
“Cominciamo con il dire che la legge ha ormai 25 anni e a ogni consultazione – sia politica, europea, amministrativa o referendaria – viene criticata. Sta di fatto, però, che non è stata mai cambiata, se si eccettua una piccola modifica del 2003 che però riguarda solo l’emittenza locale. Ebbene, la legge e i suoi regolamenti attuativi hanno dato vita a una sorta di leggenda metropolitana: si dice che la norma è così complicata, imponendo un tempo identico tra il sì e il no, che rende impossibile condurre le trasmissioni”. Tutto questo “è falso, vanno riletti bene i testi, va riletta la delibera 102 dell’AgCom, così come quella della commissione Vigilanza della Rai”. In questi regolamenti non c’è nessuna indicazione che non sia gestibile da chi conduce le trasmissioni.
Facciamo un po’ di chiarezza. Nella delibera 102 dell’AgCom, in vigore dal 10 aprile, sta scritto innanzitutto che quando vengono trattate questioni relative ai temi oggetto dei 5 referendum “le posizioni dei diversi soggetti politici impegnati a favore o contro ciascun quesito devono essere rappresentate in modo corretto e obiettivo”. E su questo nulla da dire, ovviamente.
I due piani della par condicio
Ma il punto chiave è distinguere due piani della par condicio: da una parte le tribune, gli approfondimenti (la cosiddetta “comunicazione politica”) e dall’altra l’informazione. Rispetto alla prima ovviamente ci vuole il cronometro: 3 minuti a testa per chi esprime le diverse posizioni e, come anche per le elezioni, è giusto che sia così, “perché ci vuole una pari opportunità effettiva”.
E qui le prime polemiche: secondo alcuni questo meccanismo lascerebbe fuori chi è per l’astensione che, essendoci il quorum, seppur non auspicabile è possibile. “Non è vero – risponde l’ex sottosegretario –. Chi è per non andare a votare è calcolato nel no. Non c’è alcuna confusione possibile e non è la prima volta che questo accade”.
Una questione, per altro, che riguarda solo Fratelli d’Italia, unica tra le forze politiche di governo che ha fatto richiesta di partecipare e andrà alle trasmissioni sul tema - indicando l'astensione - mentre Forza Italia, pur avendo fatto richiesta non andrà, mentre la Lega non ha neanche presentato domanda. D’altra parte bisogna anche rimarcare che, se anche manca chi è per il no o l’astensione, la trasmissione si può comunque fare. È scritto chiaramente nella delibera AgCom: “L’eventuale rinuncia a partecipare di sostenitori di una delle due indicazioni di voto non pregiudica l’intervento nelle trasmissioni degli altri soggetti, ma non determina un aumento del tempo ad essi spettante”. Insomma: non fare un approfondimento sui referendum accampando il pretesto che manca una delle due parti è, appunto, un pretesto.
Per l’informazione non serve il cronometro
Ma poi c’è anche tutto il resto, cioè l’informazione dei tg, dei gr o le trasmissioni collegate alle testate. Si tratta, per Vita, di un punto chiave: in questo caso non c’è il cronometro, “la par condicio – spiega – va garantita nel corso dell’intera campagna elettorale. Se si intervista qualcuno per il sì, non è che immediatamente dopo si deve sentire uno dell’altro schieramento e per lo stesso minutaggio. Lo si può fare anche dopo qualche giorno dopo, l’importante è che le pari opportunità siano garantite nel corso della campagna. Bisogna essere netti, altrimenti si crea, appunto, la leggenda metropolitana secondo cui fare informazione sul referendum diventa impossibile perché si rischia di essere sanzionati dall’Autorità. Non è così e l'articolo 7 della delibera AgCom lo spiega perfettamente”.
E intanto dei referendum non si parla
Il risultato è quello che tutti abbiamo sotto gli occhi: dei referendum non si parla. I dati relativi al tempo in percentuale dedicato ai 5 quesiti rilevati dall’AgCom tra 9 aprile e 10 maggio parlano chiaro: nei Tg Rai è stato lo 0,62% e lo 0,14% negli approfondimenti. Per quanto riguarda Mediaset, 0,45% nei Tg e 0,03% nei talk. Se prendiamo infine La 7, nei Tg siamo allo 0,75% e 0,44% e nel resto. Durissimo il giudizio di Vita: “Siamo di fronte a un vero e proprio boicottaggio dei referendum. I referendum danno fastidio perché sono un'occasione di espressione popolare non mediata dalle forze politiche. Io rimpiango le vecchie tribune politiche, quelle con Jader Jacobelli, dove c'era perlomeno l'opportunità di avere informazione. Questi spazi ormai si riducono sempre di più, la Rai praticamente non fa più programmi di approfondimento giornalistico e questo è un problema molto serio. Non bisogna dimenticare che il referendum è un potere costituzionale e questo per una democrazia non è un optional”.
Vita: occupazione simbolica della commissione di Vigilanza Rai
Motivo per cui non si può tacere. “Io credo che per tutti questi motivi – conclude il padre della par condicio – le forze di opposizione tutte insieme dovrebbero procedere a un’occupazione simbolica e pacifica della commissione di Vigilanza della Rai. Perché quando si tratta di referendum, il tema centrale è non solo quello delle pari opportunità tra il sì e il no, ma soprattutto, poiché esiste il quorum, parlarne affinché si sappia di che si tratta e perché si deve votare”.