Ah, Geppi Cucciari. Comica, attrice, intellettuale, donna pensante. Insomma: colpevole. Ha commesso il più grave dei crimini in prima serata tv: ha invitato i giovani ad andare a votare. Non al televoto, ma alle urne. E lo ha fatto su Canale 5. Ad Amici. Non in Parlamento, ma nel tempio sacro di Maria. Sacrilegio.

Ha osato dire che partecipare è meglio che subire, che a furia di farsi i fatti propri, prima o poi qualcuno si farà anche i tuoi. Apriti cielo. Una grandinata di insulti da tastiere isteriche: “comunista ripulita”, “grandissima m****”, hashtag da distopia. Il reato? Aver parlato di democrazia con ironia, tra una coreografia e un assolo di auto-tune. Imperdonabile.

Geppi ha ricordato che votare è un diritto, non un accessorio vintage. E soprattutto l’ha fatto bene. Con grazia, con intelligenza, con quel tono che smonta senza urlare. Ed è proprio questo che ha mandato in tilt gli ultras dell’astensionismo: non solo ha detto la verità, ma l’ha detta con stile. In un Paese dove il senso civico è sospetto e la partecipazione un disturbo della quiete pubblica, ha osato rovinare il format.

Il suo monologo ha toccato un nervo scoperto: l’allergia italiana all’impegno. Ha portato l’ironia dove regna la leggerezza vuota, ha ricordato che essere cittadini significa anche rompere le scatole al manovratore. Brava. Lucida. Colpevole di pensiero.

Avanti Geppi. In mezzo a indignati a gettone e boia digitali, la tua voce è aria fresca. E sì, alle urne ci andremo. Non per qualcuno, ma per qualcosa: per dimostrare che il diritto di parola non si televota. Si esercita. E si difende.