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Due volte. Mario Paciolla è stato ucciso due volte. La prima il 15 luglio 2020 nella sua casa di San Vicente del Caguán, in Colombia, dove era osservatore dell’Onu nell’accordo tra il Governo colombiano e le Farc, le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia. Lì fuori trovato impiccato, a poche ore dalla partenza del volo che, dopo uno scalo a Parigi, lo avrebbe riportato a Napoli, la sua città, dalla sua famiglia, dai suoi amici, pronto a riprendere in mano la sua vita fatta di mille impegni ed interessi.
Mario aveva preso quel biglietto di sola andata in fretta e in furia, chiedendo aiuto a mamma Anna e papà Pino ai quali, pur non raccontando tutto, aveva espresso paure e preoccupazioni legate al suo lavoro. Per questo, nonostante le restrizioni per la pandemia Covid, aveva cercato di rientrare il prima possibile in Italia.
La seconda volta Mario è stato ucciso il 30 giugno scorso, a due settimane dal quinto anniversario della sua morte. Il gip del Tribunale di Roma – dove dopo una lunga battaglia legale, la famiglia insieme agli avvocati Alessandra Ballerini ed Emanuela Motta, erano riusciti a portare il suo caso – ha disposto l’archiviazione per suicidio, accogliendo la richiesta della Procura di Roma, contro cui la famiglia si era opposta e che aveva portato il giudice a chiedere un supplemento di indagini. Tutto inutile.
Per la giustizia italiana, insomma, Mario Paciolla, con un biglietto in tasca per ritornare a casa, ha deciso all’ultimo di togliersi la vita. Senza un motivo o una ragione apparente.
“Prendiamo atto con dolore e amarezza della decisione del Tribunale di archiviare l'omicidio di nostro figlio Mario. Noi sappiamo, non solo con le certezze del nostro cuore, ma con le evidenze della ragione, frutto di anni di investigazioni e perizie, che Mario non si è tolto la vita ma è stato ucciso perché aveva fatto troppo bene il suo lavoro umanitario in un contesto difficilissimo e pericoloso in cui evidentemente non doveva fidarsi di nessuno”. Così hanno commentato i genitori di Mario, Anna e Giuseppe, assieme alle figlie Raffaella e Paola, che lunedì 30 giugno si sono ritrovati insieme ad un centinaio di persone in presidio a piazza Municipio a Napoli.
“Sappiamo che questa è solo una tappa per quanto ardua e oltraggiosa del nostro percorso di verità e giustizia. Continueremo a lottare – hanno aggiunto – finché non otterremo una verità processuale e non sarà restituita dignità a nostro figlio. Utilizziamo con rammarico e sofferenza il verbo lottare: mai avremmo pensato di dover portare avanti una battaglia per avere una giustizia che dovrebbe spettarci di diritto. Sappiamo che non siamo e non resteremo mai soli. Grazie a tutte le persone che saranno al nostro fianco fino a quando la battaglia non sarà vinta".
Cgil Napoli e Campania: “Non lasceremo che venga tradito e ucciso una seconda volta”
In piazza al fianco della famiglia Paciolla c'era anche la Cgil Napoli e Campania, che da tempo supporta la battaglia di verità e giustizia per Mario. “La decisione del tribunale di Roma di archiviare l'indagine sulla morte di Mario Paciolla – ha detto Raffaele Paudice della segreteria confederale – non fermerà la battaglia per ricerca della verità che la famiglia di Mario, e con loro la Cgil Napoli e Campania e le tante altre associazioni, stanno portando avanti".
"Pur rispettando doverosamente l'operato e l'autonomia della magistratura romana e attendendo di conoscere approfonditamente le motivazioni della sentenza, riteniamo difficile comprendere come dal quadro degli elementi emersi dalla morte di Mario, avvenuta il 15 luglio 2020 in Colombia, rilanciati anche recentemente da approfondite inchieste giornalistiche, si possa ipotizzare un suicidio. La gravità degli indizi e delle circostanze emerse, l'evidente incongruità e la lacunosità delle spiegazioni ufficialmente addotte dal personale delle Nazioni Unite – ha aggiunto Paudice – necessitano di un intervento che va oltre la magistratura ordinaria, che investe la responsabilità e la credibilità delle nostre istituzioni a tutela di un cittadino impegnato in una missione e abbandonato al suo destino da chi aveva il dovere di proteggerlo. Per questo chiediamo con forza che il governo e il ministro degli Esteri rompano il loro silenzio e intervengano presso le Nazioni Unite per chiedere chiarezza sulle vicende che hanno portato alla morte di un nostro cooperante affinché siano individuate le responsabilità e le complicità della morte di Mario".
“Mario Paciolla – ha concluso Paudice – era un cooperante impegnato in progetti di pace in Colombia, un nostro cittadino che aveva fatto della solidarietà e dell'impegno civile il suo lavoro e che ha perso la vita proprio per averlo fatto fino in fondo. Non lasceremo che venga tradito e ucciso una seconda volta, anche dallo Stato italiano che, invece, dovrebbe andare fiero del suo impegno e perseguire fino in fondo la verità”.