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Diciamolo subito: non è previdenza, è macelleria sociale. Hanno giurato di seppellire la Fornero e invece le hanno fatto il lifting: più dura, più inaccessibile, più crudele. La menzogna elettorale si è trasformata in strumento di tortura per chi lavora, il tradimento è diventato metodo di governo.
La soglia per l’anticipo sale come un castigo divino: oltre 1.600 euro oggi, quasi 1.800 nel 2030. Per chi ha stipendi normali è una condanna senza appello. Quarant’anni di contributi non bastano a guadagnarsi un’uscita decente e la colpa ricade sempre sul lavoratore che “non ha prodotto abbastanza”. La punizione della normalità è il vero programma politico.
Poi arriva l’illusione di cartapesta: farsi restituire il proprio Tfr per andare prima in pensione spacciandolo per una soluzione innovativa. In pratica ti obbligano a cannibalizzare ciò che ti spetta per diritto, regalandoti in cambio un futuro ancora più povero. È il colpo di genio del ladro: ti alleggerisce le tasche e pretende pure che lo ringrazi.
Meloni e Salvini hanno costruito carriere urlando contro la Fornero. Oggi la custodiscono come reliquia. Dall’“aboliremo tutto” al “non tocchiamo niente” il passo è stato brevissimo, giusto il tempo di passare dall’opposizione al potere e scoprire che il populismo serve a prendere voti, mentre il cinismo serve a governare. Non sono solo incoerenti, sono complici consapevoli di un sistema pensato per rendere l’ingiustizia permanente.
Così la vecchiaia diventa un privilegio, non un diritto. La precarietà è eterna, la povertà programmata, il furto legalizzato. Questo esecutivo non riforma, addestra alla rassegnazione. La chiamano previdenza, ma è ingegneria sociale della miseria. Un Paese moribondo, educato a sopravvivere ringraziando chi lo ha derubato.