Ignazio La Russa, presidente del Senato e reduce onorario di Salò, ha annunciato a una convention di Fratelli d’Italia che farà “propaganda perché la gente resti a casa l’8 e il 9 giugno”. Avete capito bene: la seconda carica dello Stato che fa propaganda contro la partecipazione popolare.

Parliamo di un referendum indetto per legge, frutto di milioni di firme, che riguarda il lavoro, i diritti, la dignità. Ma a Ignazio la democrazia fa venire l’orticaria: se non è celebrata su un balcone con la fanfara, non gli piace. Se non è comandata dall’alto, lo disturba. E se il popolo decide di parlare da solo, senza regia, gli viene voglia di spegnere il microfono.

Il suo è un sabotaggio in giacca e cravatta, un colpo basso mascherato da libertà d’opinione. Un presidente del Senato che invita a disertare le urne è come un pompiere che appicca incendi, un giudice che suggerisce l’omertà, un medico che consiglia di curarsi su Google. O peggio: come un nostalgico del Ventennio che non ha ancora capito che siamo nel 2025.

Ma non si tratta solo di indecenza. È paura. Paura vera. Perché sanno benissimo che se la gente vota, le loro bugie si sgonfiano. Che se le urne si riempiono, i palazzi cominciano a tremare. Che se milioni di persone dicono “basta”, non ci sarà busto del duce in salotto né poltrona che tenga.

E allora no, caro Ignazio: stavolta niente salotti, niente silenzi. L’8 e il 9 giugno non si resta a casa. Perché il vostro disprezzo per la democrazia è il nostro miglior motivo per praticarla.