È drammaticamente difficile scrivere, proprio in questi giorni, di violenza di genere. Lo è perché qualsiasi parola scelta sembra risultare inappropriata di fronte all’annientamento, così crudo e spregevole, della vita di due giovani donne di appena 22 anni a cui, nei giorni scorsi, è stato tolto il semplice diritto di esistere. E, forse, proprio perché è così complesso, è ancora più importante trovare la forza di afferrare la penna e parlarne.

Chi sceglie di togliere la vita ad una donna con cui ha avuto una relazione emotiva, spesso non riconosce nella morte la fine della vita, ma solo la fine della relazione. Ed è proprio così che chi pensa di esercitare una sopraffazione su di noi tenta di farci sentire: involucri vuoti. Del cui destino hanno piena facoltà di scegliere, alla pari di un dio. È quello che succede in tutte le forme di abuso, di possesso, di controllo, dalla più drammatica a quella meno visibile. Accomunate tutte dalla convinzione di chi le perpetra di poter scegliere che cosa fare con noi. Non solo della nostra esistenza, ma anche dei nostri legami, delle nostre ambizioni, persino dei nostri soldi. Abbiamo voluto parlarne con Azzurra Rinaldi, economista femminista.

Il bisogno di un cambio di passo culturale

Tante sono le promesse venute dalla politica in questi anni a seguito di ogni - ennesimo - femminicidio, profonda l’indignazione popolare, devastante lo strappo emotivo. Ma si vive con la percezione che le cose restino sostanzialmente inalterate. Come impedire, allora, che questi orrori continuino a ripetersi? C’è chi semplifica, chiedendo un inasprimento delle pene, e chi continua a rivendicare l’importanza di un intervento culturale, certamente meno immediato ma che sul lungo termine renderebbe possibile la costruzione di una società diversa. Azzurra Rinaldi, poi, è madre di tre bambine, e ha bisogno di immaginare di consegnare loro un mondo diverso da quello attuale: “Vivo il conflitto interiore tra il voler insegnare loro il valore della libertà e il bisogno di metterle in guardia dai pericoli che corrono”.

La violenza economica: quella che non uccide ma impedisce di vivere

Ma, lo sappiamo, la violenza si insinua nelle relazioni e nei rapporti di potere e si può manifestare in diverse forme: dalle più evidenti e feroci (come la violenza fisica, quella sessuale, fino al femminicidio) a forme di violenza più subdole e invisibili, quasi normalizzate, come quella economica. Perché la violenza non è solo quella che uccide, ma anche quella che impedisce di vivere. E, proprio perché invisibile, meno dibattuta e spesso socialmente accettata e normalizzata, è estremamente più complicato riconoscerla. Nonostante la gestione del denaro, delle pratiche burocratiche legate al mutuo e alla dichiarazione dei redditi, delle tasse o delle buste paga siano elementi essenziali e ordinari della nostra vita, il 42% delle donne vive una condizione di analfabetismo finanziario e non sa provvedere autonomamente a questi aspetti legati alla sfera economica. Senza il pieno controllo e la consapevolezza di questi aspetti, però, non c’è una libertà che possa definirsi piena. Per questo, Rinaldi sostiene l’importanza di introdurre corsi di educazione finanziaria, da affiancare all’educazione civica e a quella sessuo-affettiva, nei percorsi di studio, fin dai primi anni di scuola. Le best practice esistono: come l’ora di empatia nelle scuole danesi. Una materia inserita a tutti gli effetti nel programma scolastico, con momenti di apprendimento, di esercizio e poi di valutazione finale. Il caso danese ci mostra - spiega Rinaldi - che cambiare la società, evolvere, anche attraverso l’educazione, non solo è possibile ma un passo auspicabile e urgente.