La mattina del 14 luglio 1948, il segretario del Partito comunista italiano, Palmiro Togliatti, viene ferito dai colpi di pistola sparati dal giovane studente siciliano Antonio Pallante. La notizia dell’attentato rimbomba immediatamente in Parlamento. Mentre Secchia e Longo seguono Togliatti al Policlinico, si riunisce la direzione del partito.

All’ospedale arrivano Nenni e - da Trento dove sua figlia sta partorendo - De Gasperi. Giuseppe Di Vittorio, membro della delegazione che ha partecipato alla XXXI Conferenza del Bureau International du Travail negli Stati Uniti, rientra a Roma la mattina stessa dell’attentato.

Ricorderà la moglie Anita: “Ciampino era animato più del solito, e Peppino si guardava attorno interrogativo quando un ufficiale, seguito da altra gente, lo raggiunse di corsa gridandogli: ‘Onorevole! Hanno ucciso Togliatti!’. E un altro di rincalzo: ‘No, non è morto… È grave ma è vivo ancora…’. Il colpo fu terribile. Vidi il volto di Peppino impallidire e poi immediatamente irrigidirsi in uno sforzo di volontà. ‘Chiama subito la Confederazione’, mi ordinò. Il comandante ci avvertì: ‘Sarà difficile telefonare. C’è lo sciopero generale’. ‘Com’è possibile? - chiese Peppino - Bitossi avrebbe potuto avvertirmi’. Lo informarono allora che l’attentato aveva avuto luogo appena due ore prima e che lo sciopero era esploso immediatamente, senza alcuna direttiva della Confederazione”.

Il Paese è percorso da una scossa elettrica, operai e contadini scendono in piazza: parte lo sciopero generale, prima spontaneo e poi ufficiale; sarà - dirà lo storico Sergio Turone - lo sciopero generale più completo e più esteso che si sia mai avuto nella storia d’Italia”.

In Francia, nei cortei celebrativi della presa della Bastiglia, vengono portati i ritratti di Togliatti; dalla Russia arriva il telegramma di Stalin: “Il comitato centrale del Pcus è indignato per il brigantesco attentato contro la vita del capo della classe operaia e di tutti i lavoratori d’Italia, il nostro amato compagno Togliatti. Il Comitato centrale del Pcus è contristato dal fatto che gli amici del compagno Togliatti non siano riusciti a difenderlo dal vile attentato a tradimento”.

Il primo Consiglio dei ministri si riunisce alle 13 e 15, pochi minuti dopo l’attentato a Montecitorio, ma solo per condannare il ferimento di Togliatti e inviargli gli auguri di pronta guarigione. Il Comitato esecutivo della Cgil si riunisce soltanto nel pomeriggio del 14 e alla presenza del segretario generale sanziona lo sciopero già in atto, senza fissarne per il momento il termine.

“Di fronte a una situazione così grave che minaccia di riaprire nel nostro Paese prospettive di sangue e di insopportabile oppressione - si legge nel Manifesto della Cgil agli italiani per lo sciopero generale -, la Cgil vi invita a lottare uniti attorno alla vostra organizzazione, solo strumento unitario che possa difendere il nostro popolo dagli attentati contro la libertà e contro la democrazia. Tutti i lavoratori parteciperanno allo sciopero: il comitato esecutivo della Confederazione generale italiana del lavoro, che siede in permanenza, impartirà nella giornata di domani ulteriori disposizioni. I lavoratori italiani sapranno difendere vittoriosamente la democrazia, la libertà, la Repubblica”.

“Tutti i lavoratori di tutte le categorie - sanciscono le istruzioni per lo sciopero diramate dalla Confederazione - entreranno in sciopero alla mezzanotte di oggi mercoledì 14 luglio. Alle ore 6 cesserà completamente il servizio ferroviario. I lavoratori addetti alla panificazione, al rifornimento ed alla distribuzione del latte, ai servizi ospedalieri e telefonici, sono esentati dallo sciopero. I negozi di generi alimentari rimarranno aperti fino a Mezzogiorno. Gli elettrici sciopereranno dalle 8 alle 20, con sospensione per tutti gli utenti. I salariati addetti al bestiame eseguiranno un solo governo nella giornata ed attenderanno alla normale mungitura del bestiame. Mezzadri, coloni e coltivatori diretti eseguiranno i soli lavori di stalla. La Cgil invita tutte le Camere confederali del lavoro a pubblicare nella giornata di domani il giornale locale sindacale o un bollettino di sciopero”.

L’ordine di cessazione sarà comunicato nella notte del 15 luglio (quel giorno Bartali vincerà un’importante tappa del Tour de France e il 25 il Tour stesso: un’impresa sportiva notevole visto che Bartali all’epoca aveva 34 anni. Qualcuno sosterrà che l’entusiasmo per questo risultato contribuì a distrarre i manifestanti dai loro intenti di protesta e rivolta. Intervistato anni dopo da Epoca, in realtà Bartali smentirà decisamente la connessione tra i due eventi).

“Il comitato esecutivo della Cgil - si legge nei documenti ufficiali - rileva con soddisfazione l’imponente e unanime adesione, in tutta Italia, allo sciopero generale contro il vile attentato compiuto da un sicario sulla persona dell’on. Palmiro Togliatti. L’attentato costituisce un attacco delle forze reazionarie contro le masse popolari che hanno arditamente lottato per abbattere il fascismo e conquistare le libertà democratiche e l’indipendenza nazionale. Il comitato esecutivo rivolge un reverente saluto a tutte le vittime di questa lotta, provocata dall’atmosfera di divisione e di odio creata nel Paese dal risveglio delle forze reazionarie. Lo sciopero generale – attuato spontaneamente e con ammirevole slancio da tutti i lavoratori italiani non appena conosciuta la notizia dell’infame attentato, e sanzionato dalla Cgil – costituisce una conferma manifesta della decisa volontà delle masse lavoratrici e democratiche di opporsi risolutamente all’offensiva della reazione”.

Prendendo atto di questa “indomabile volontà delle masse popolari e auspicando che l’on. Palmiro Togliatti possa riprendere ben presto il suo posto di combattente antifascista”, il Comitato esecutivo della Cgil decide “la cessazione dello sciopero generale per le ore 12 di venerdì 16 corrente. Il comitato esecutivo rileva che la pronta e vigorosa risposta delle masse ai crimini della reazione ha posto davanti al Paese il problema di mutare radicalmente una politica che rappresenta un incoraggiamento alle forze padronali e reazionarie e che ha reso possibile il delitto deprecato da tutto il popolo italiano e da tutto il mondo civile”. Sono le ore più drammatiche della breve storia repubblicana.

Poche ore dopo il ferimento si verificheranno incidenti in diverse località fra le quali Roma, La Spezia, Abbadia San Salvatore. Si registreranno morti a Napoli, Genova, Livorno, Taranto. Gli operai della Fiat di Torino sequestrano nel suo ufficio l’amministratore delegato Vittorio Valletta. Buona parte dei telefoni pubblici smette di funzionare, si blocca pressoché completamente la circolazione ferroviaria. Il governo mette in campo l’esercito. Ricompaiono le armi.

Ricordava qualche anno fa Emanuele Macaluso: “Ho 94 anni e sono uno dei pochi testimoni degli avvenimenti che si verificarono dopo l’attentato a Togliatti. Infatti, nel 1948 ero segretario regionale della Cgil in Sicilia e membro del direttivo nazionale del sindacato e ricordo bene la disposizione che abbiamo avuto da Di Vittorio e dal partito: impedire atti illegali. Atti che invece sappiamo che poi avvennero in alcune località. E fu Togliatti, gravemente ferito, a raccomandare ai dirigenti: 'Calma, calma'. Come ricordano tutti quelli che hanno vissuto quei drammatici momenti”.

Conferma Nilde Iotti: “Fin dal primo momento la preoccupazione di Togliatti, anche mentre lo trasportavano dall’infermeria della Camera all’autoambulanza, fu di non perdere la calma. ‘State calmi, non perdete la testa’, mi disse più volte. Parlava con fatica ma anche con grande precisione, perché le sue parole fossero ben comprese da Longo, Secchia, D’Onofrio, Scoccimarro, praticamente lo Stato maggiore del Partito’.

Il 16 luglio il ministro degli interni Mario Scelba comunicherà il bilancio ufficiale degli incidenti seguiti all’attentato contro Palmiro Togliatti: 7 morti e 120 feriti tra le forze di polizia; 7 morti e 86 feriti tra i cittadini. Tra le vittime dell’attentato, anche l’unità sindacale. Nonostante le divisioni nella Confederazione, evidenti al I Congresso di Firenze del giugno 1947, l’unità sindacale aveva retto ancora un anno, ma dopo le elezioni politiche del 18 aprile 1948 con la netta affermazione della Democrazia cristiana e la sconfitta del Fronte popolare e dopo l’attentato a Togliatti del 14 luglio, la corrente democristiana deciderà la scissione.

Scriveva Di Vittorio il 21 luglio su Lavoro: “Dal punto di vista degli interessi dei lavoratori, non esiste nessun motivo che possa obiettivamente giustificare la scissione. La Cgil è un’organizzazione unitaria, libera, indipendente, con struttura nettamente democratica. Tutti hanno la possibilità in essa di esprimere liberamente le proprie opinioni, e tutti i dirigenti sono liberamente eletti col sistema proporzionale, in modo che ogni corrente è rappresentata negli organi dirigenti di tutte le organizzazioni sindacali. In linea di fatto, attualmente le correnti minoritarie hanno negli organismi dirigenti della Confederazione e di numerose Federazioni e Camere del Lavoro, una rappresentanza più larga di quella che loro spetterebbe sulla base del sistema proporzionale. È per questo che io sono fermamente convinto che la grande maggioranza dei lavoratori democristiani - i quali hanno partecipato compatti allo sciopero generale insieme ai loro fratelli delle altre correnti e di nessuna corrente - non si lasceranno abbindolare dalle manovre scissioniste”.

“La Cgil - tuona il segretario - non si tocca”.