Dopo i tagli annunciati a fine anno da Unicredit, una nuova mazzata si abbatte sul settore bancario italiano. Il nuovo piano industriale al 2022 di Ubi Banca prevede infatti l'uscita di circa 2.030 “risorse” nell'arco del piano, inclusi circa 300 lavoratori oggetto di accordo sindacale a gennaio 2020. Lo ha annunciato il gruppo stamattina (17 febbraio), prevedendo anche l'esecuzione di “iniziative immobiliari”, tra cui la razionalizzazione e il consolidamento delle sedi direzionali, e la chiusura di 175 “filiali non strategiche”.

Sul fronte del personale, la banca prevede anche attività di formazione per i dipendenti “liberati dalla digitalizzazione dei processi”: “Vengono liberate circa 4.390 risorse, di cui il 75% circa proveniente dalla trasformazione del modello di servizio nella rete territoriale (automazione, digitalizzazione e razionalizzazione della rete di sportelli). L'attività di “re-skilling” interesserà circa 2.360 risorse, che andranno a rafforzare i team del contact center (che passerà da 400 a 600 risorse nel 2022), della consulenza remota, delle linee di business specializzate, delle funzioni di controllo, ma che saranno anche formate per nuovi ruoli, quali ad esempio digital specialist e applications developer”, spiega ancora la banca.

L’amministratore delegato di Ubi, Victor Massiah prevede un costo pari a 46,8 milioni netti che è già stato incluso nei risultati dell'esercizio 2019. Sarà garantito – ha assicurato – un parziale ricambio generazionale e la realizzazione del “nuovo modello di servizio alla clientela soprattutto retail, la vendita di immobili non strumentali e l'energy management”.

Ubi prevede così di realizzare 665 milioni di euro di utile netto nel 2022 e di mantenere nell'arco del piano industriale un pay-out medio (percentuale di utile destinata a dividendo) del 40%, coerente con il mantenimento di un indice di solidità patrimoniale Cet1 ratio del 12,5% a fine anno. La banca si riserva di poter aumentare il dividendo nel 2022 in caso di Cet1 ratio superiore al 12,5%.