“Quasi 3 milioni di disoccupati, oltre 13 milioni di uomini e donne inattivi nella fascia d’età fra i 15 e i 64 anni, più di 3 milioni di contratti a termine, tanti part time involontari e altri milioni di lavoratori e lavoratrici che hanno un salario talmente basso da essere a rischio di povertà. Questa è la fotografia del mercato del lavoro del nostro Paese scattata ieri dall’Istat, i cui dati stanno diventando strutturali, purtroppo. Una situazione sempre più pesante per il sistema italiano, da affrontare non solo nella logica delle misure da prendere con la legge di Stabilità, ma anche nella prospettiva di un vero rilancio degli investimenti e della politica industriale”. Così Tania Scacchetti, segretaria confederale Cgil, ai microfoni di RadioArticolo1.

 

Sempre secondo l’Istat, che il quadro sia oltremodo negativo quest’anno lo si evince dalla produzione industriale, ulteriormente scesa nel Paese, con una perdita annuale complessiva del 2,1%, "le cui ricadute sull’occupazione rischiano di essere ancora più gravi, con l’aumento dell’accesso alla cassa integrazione e anche del ricorso alla Naspi”, ha affermato la sindacalista.   

“Poi c’è un problema di qualità del lavoro. Come Cgil, lo abbiamo proposto da tempo, trovando delle resistenze, perché non è facile parlare di un tema del genere quando di fronte hai milioni di persone che un lavoro non ce l’hanno. Dimenticando che le due cose sono intrecciate fra loro, perché se il lavoro che generiamo è prevalentemente povero e frammentato, che riguarda in particolare i lavoratori più giovani, fra i 25 e i 34 anni, indagare sulla qualità dell’occupazione è non solo determinante, perché la troppa precarietà rischia di alimentare il sommerso e l’evasione, minacciando la parità dei diritti e delle tutele per tutti, ma è altrettanto sintomatico dell’impoverimento del tessuto produttivo, dall’acciaio alle costruzioni, nel commercio e nel terziario, che per anni era stato la valvola di sfogo delle crisi del sistema industriale. Insomma, siamo un Paese ancora con molte eccellenze e alcuni dati positivi - vedi la crescita di contratti a tempo indeterminato, soprattutto nelle mansioni medio-alte -, però la tendenza è un’enorme difficoltà di tutto il nostro sistema produttivo, dove quantità e qualità del lavoro non possono essere disgiunte”, ha proseguito la dirigente sindacale.

“Il nostro giudizio sulla legge di Bilancio è a luci e ombre. La direzione inizia ad essere quella giusta, ma i provvedimenti presi sono insufficienti. In questa legge noi vediamo un cambiamento di rotta rispetto alle scelte degli anni precedenti; primo fra tutti, il tema del contrasto all’evasione, m anche l’intervento sul cuneo fiscale. Per la prima volta, dopo anni di condoni, c’è un segnale che guarda alla necessità di far ripartire i consumi, ridando fiato alle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, ma manca un analogo corrispettivo per i pensionati. Certo, non dimentichiamo che i margini d’intervento sono ristretti, per via dei 23 miliardi necessari per disattivare le clausole Iva”, ha aggiunto Scacchetti.

Anche dal punto di vista dell’occupazione e dello sviluppo, sono importanti le misure prese dal governo con il Green new deal e l’idea di far ripartire l’Italia all’insegna della riqualificazione e riconversione produttiva, con 11 miliardi in più a disposizione, oltre al fondo, altrettanto importante, per gli interventi locali, così come è significativo che l’intervento sul Mezzogiorno e sulla coesione sociale sia diventato centrale. "Certo, manca lo sblocco del turn over e delle assunzioni nella pubblica amministrazione, dove sono molto scarse anche le risorse stanziate per il rinnovo dei contratti, anche se è positivo che proprio sul lavoro pubblico sia stato aperto uno dei primi tavoli con il governo. Noi auspichiamo che proprio in quel negoziato ci sia uno sforzo maggiore in termini di fondi a disposizione, e che si arrivi a una valorizzazione dei lavoratori in ambito pubblico”, ha concluso l’esponente Cgil.