“A una marcia della pace pensavo da anni e una volta ne detti anche l’annuncio, d’accordo con Emma Thomas, tanto che l’Essor ginevrino pubblicò la notizia – scrive nelle proprie note autobiografiche Aldo Capitini, filosofo, politico, antifascista, poeta ed educatore, organizzatore della prima Marcia per la Pace in Italia –. Ma l’idea non si concretò per varie difficoltà. Quando, nella primavera del ‘60, feci a Perugia insieme con amici un bilancio delle iniziative prese e di quelle possibili, vidi che l’idea della marcia, soprattutto popolare e regionale, piacque. Ma solo nell’estate essa prese un corpo preciso in riunioni apposite, che portarono alla fondazione di un comitato d’iniziativa.”

L’intenzione di Capitini era che il gruppo di iniziativa non fosse preminentemente di persone di partito. “Sono un sostenitore del lavoro di aggiunta a quello dei partiti – prosegue lo studioso –, che ritengo certamente utili in una società democratica, ma non sufficiente”. Le prime circolari di annuncio della marcia sono dell’estate del 1960: “Ebbi pronte adesioni, come quella del maestro Gianandrea Gavazzeni; passarono mesi di spedizione di circolari e di lettere personali; dall’on. Pietro Nenni ebbi nel novembre 1960 una lettera molto favorevole. Ma debbo dire che oltre quel primo carattere, di iniziativa non dei partiti, che avrebbe dovuto assicurarmi una più facile adesione da tutte le persone e associazioni operanti in Italia per la pace, io tenevo sommamente a un secondo carattere, che anzi era stato il movente originario del progetto: la marcia doveva essere popolare e, in prevalenza, regionale ...”.

Non mancarono le critiche e i rifiuti per via del fatto che la scelta della meta da parte del comitato d’iniziativa fosse caduta su Assisi: “Come se noi facessimo concessioni al potere cattolico o compromessi con la religione tradizionale. Collegare San Francesco e Gandhi (avvicinamento che in Oriente si fa molto spesso) voleva dire sceverare l’orientamento nonviolento e popolare dei due dalle circostanze e dagli atteggiamenti particolari; ed era anche uno stimolo a far penetrare nella religione tradizionale italiana, come è sentita dal popolo e soprattutto dalle donne, l’idea che la santità è anche fuori del crisma dell’autorità confessionale: la marcia doveva anche servire a questa apertura ...”.

La prima Marcia per la Pace Perugia-Assisi si svolge il 24 settembre 1961: “Aver mostrato che il pacifismo, che la non violenza, non sono inerte e passiva accettazione dei mali esistenti, ma sono attivi e in lotta con un proprio metodo che non lascia un momento di sosta nelle solidarietà che suscita e nelle non collaborazioni, nelle proteste, nelle denunce aperte, è un grande risultato della marcia”, dirà lo stesso Capitini a commento dell’iniziativa. Il Movimento Nonviolento, fondato all’indomani della prima Marcia della Pace, rifiuterà di rendere annuale la sua periodicità per evitare, si disse, di trasformarla in uno stanco rituale: la seconda marcia (1978, "Mille idee contro la guerra") sarà organizzata in occasione del decimo anniversario della morte di Capitini, mentre la terza (1981, "Contro la guerra: a ognuno di fare qualcosa") avverrà per commemorare il ventesimo anniversario della prima.

Seguiranno fino al 2016 altre 19 marce, di cui due (una il 16 maggio 1999 contro la guerra in Kossovo, e una il 12 maggio 2002 per la pace in Medio Oriente) straordinarie. L’edizione 2018 della “Marcia PerugiAssisi della pace e della fraternità” (che si svolgerà il 7 ottobre) è stata presentata il 13 settembre nella sede della Federazione nazionale della stampa italiana a Roma: “Quest’anno, 70° anniversario della Dichiarazione universale, saremo in marcia anche per i diritti umani, tra cui il diritto a una informazione libera”, ha spiegato Flavio Lotti, del Comitato promotore, aprendo la conferenza stampa di presentazione dell’evento.

“L’obiettivo – sempre secondo Lotti – è quello di accrescere la consapevolezza tra i più giovani, per condurli a una maggiore assunzione di responsabilità: non chiedere la pace, ma fare la pace, concretamente. Innalzando un argine alla violenza dilagante di parole e azioni, alla violenza della dittatura di individualismo e competizione. Sarà la marcia dei diritti umani e cercheremo di spiegare che la pace c’è quando si rispettano i diritti fondamentali”.

La manifestazione prevede un ampio e strutturato coinvolgimento del centro confederale nazionale della Cgil (firmataria insieme ad Anpi, Arci, Articolo 21, Aoi, Beati i costruttori di pace, Cipsi, Legambiente, Libera, Rete della Pace e Tavola della Pace di un documento congiunto "Per un percorso unitario contro il razzismo e la cultura della violenza"), delle sue categorie nazionali e delle strutture territoriali, a conferma dell’importanza e dell’urgenza di una mobilitazione nazionale e di massa “per contrastare la deriva xenofoba e razzista – si legge in una nota della Cgil – l’ondata di violenza e di odio nei confronti dei migranti e dei rifugiati, che trova nella Marcia per la Pace e per la fratellanza l’occasione ideale per dimostrare che esiste un altro Paese e un’altra cultura con radici profonde nei principi e nei valori della nostra Costituzione e nella difesa della democrazia”.

“In Italia come in Europa – prosegue la nota della Cgil – stiamo affrontando una fase storica che pensavamo essere superata con la conquista della democrazia e con la memoria dei disastri delle due grandi guerre e dei fascismi del secolo scorso. Purtroppo non è stato così. Oggi più di ieri è quindi fondamentale ribadire i principi e i valori della nostra Costituzione, impegnarsi ed esigere la sua applicazione, rimettere al centro i diritti individuali e collettivi di uomini e donne in chiave universale, senza più muri, barriere, discriminazioni e pericolosi nazionalismi”.

Ilaria Romeo è responsabile Archivio storico Cgil nazionale