“Cosa facciamo noi per i giovani? Apriamo loro le nostre porte. I giovani vanno ascoltati, ma poi non esiste un noi e loro, devono partecipare ai processi decisionali, alla costruzione delle piattaforme. Li tuteliamo ma è nell’azione collettiva, come da natura del sindacato, che possiamo modificare lo stato delle cose, a partire dalla insostenibile condizione di precariato cui sono costretti”. Ha concluso così il segretario generale Susanna Camusso l’assemblea pubblica “Giovani, formazione e buona occupazione” organizzata oggi (18 gennaio) a Bari dalla Cgil Puglia. Iniziativa che si inserisce nella campagna #Passaincgil promossa per tutelare e organizzare proprio i più giovani.

In una affollatissima aula V del dipartimento di giurisprudenza, si sono alternati giovani studenti e lavoratori che hanno raccontato le loro esperienze: sfruttamento e ricattabilità nel mondo del lavoro, negazione dei diritti “con cui tanti ragazzi e ragazze fanno i conti in queste aule”, ha spiegato nella sua relazione Maria Giorgia Vulcano, coordinatrice del dipartimento Politiche giovanili della Cgil regionale. “Non è un caso che questa iniziativa si tenga in un’aula di un ateneo pubblico del Mezzogiorno, nella quale sono manifesti i segni di politiche incessanti di definanziamento che hanno interessato il sistema di istruzione nazionale a 360 gradi, dalla didattica e dalla ricerca alle borse di studio, passando per le strutture troppo spesso insufficienti ad accogliere il numero, seppure in calo, degli iscritti. L’università è simbolo anche di una promessa tradita, che racconta di un mondo della conoscenza privato della sua ontologica funzione. Da strumento di emancipazione di massa a spazio in cui si originano processi di espulsione”.

Vulcano snocciola i dati della desertificazione sociale: 20 mila under 30 emigrati in dieci anni dalla Puglia, il 30 per cento di Neet e la disoccupazione giovanile che sfiora il 50%. "Ma se siamo qui - a suo avviso - è perché non inganna più nessuno la metafora contrappositiva tra figli e padri, con cui si è operata una mediazione al ribasso dei diritti e delle tutele tanto degli uni quanto degli altri. C’è una generazione pronta, alla stregua di quella precedente, a lottare per ricomporre pezzo dopo pezzo, tassello dopo tassello, il tessuto sociale. Lottare per la conquista di nuovi diritti che restituiscano dignità ad i lavoratori ed alle lavoratrici di oggi e ieri”.

Una generazione precaria nel mondo dell’istruzione, come attesta la testimonianza della brindisina Tiziana, “con una chiamata da Treviso per una cattedra di 4 ore e 400 euro al mese. E come si fa a vivere così?”. Sfruttamento che tocca pesantemente il mondo delle libere professioni, come nella testimonianza di Nunzio, praticante forense e tirocinante presso il Tribunale di Bari: “Le modalità di svolgimento del lavoro quotidiano sono del tutto assimilabili a quelle di un rapporto di lavoro subordinato. Quello che manca è una forma anche minima di retribuzione”. C’è Clelia, che in un call center a Taranto è stata “pagata 0,33 centesimi all’ora. Gli accordi prevedevano la paga sulla base del contratto, ovvero 6,51 euro. Per un mese di lavoro sono stata pagata 92 euro. Così mi sono rivolta alla Cgil per denunciare questa condizione. Le storie come le mie fanno purtroppo parte del quotidiano. La Cgil mi è stata vicina e di grande aiuto, prima di questa vicenda non mi ero mai rivolta a un sindacato e anzi ero anche un po’ scettica. Oggi posso dire a tutti i giovani di non aver paura di denunciare di far valere i propri diritti, far rispettare la propria dignità”.

Dorian, operaio metalmeccanico albanese, in Italia da quando aveva 15 anni, ha raccontato la sua storia: fatta di “tante esperienze lavorative, sempre saltuarie e precarie, il più delle volte in nero, senza nessun diritto e senza voce. Ho lavorato nei ristoranti come cameriere, nelle pizzerie come pizzaiolo”. E oggi, quando credeva di avere un lavoro stabile in un'azienda in appalto per Leonardo a Foggia, “la scoperta con un sms da parte dell’agenzia interinale che a causa di cambio della ditta tornavamo disponibili. Cioè in attesa di un nuovo impiego. Non può essere lavoro questo”.

“Ai giovani dobbiamo consegnare un protagonismo vero, non nel futuro ma oggi, nel presente, consegnare loro la responsabilità di sentirsi parte di un progetto di Paese che deve necessariamente cambiare”, ha commentato Pino Gesmundo, segretario generale della Cgil Puglia. “La stessa condizione dei giovani di precariato e negazione dei diritti oggi la vivono anche i padri, quelli espulsi dai processi produttivi. Abbiamo il dover di lasciarci contaminare dal linguaggio e dall’entusiasmo dei giovani. Qui in Puglia abbiamo messo in campo questa campagna e prima ancora abbiamo dato spazio ai giovani in ruoli di dirigenziali. Ma i giovani hanno bisogno di risposte, abbiamo dati che ci preoccupano, dalla politica e dalle istituzioni aspettiamo impegni concreti. I bisogni dei giovani - ha concluso - non vanno solo interpretati: bisogna anche soddisfarli, e quello che chiedono è un lavoro dignitoso, tutelato, ben retribuito”.

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