“Nel complesso, le cifre sono ancora inadeguate a fronteggiare un fenomeno sociale che interessa milioni di persone, ma siamo nell’ambito della discussione della nuova legge di Bilancio e apprezziamo lo sforzo che governo e Parlamento compiono per destinare parte della ricchezza del Paese ai diritti delle persone”. Così Stefano Cecconi, responsabile politiche della Salute Cgil, ai microfoni di RadioArticolo1 per parlare del confronto in corso fra sindacati, associazioni della disabilità, regioni e ministero del Lavoro in materia di non autosufficienza.

“Siamo passati da 400 a 500 milioni in dotazione all’apposito fondo: è un incremento di una certa entità. Noi abbiamo chiesto al ministro Poletti che questi soldi siano strutturali e che servano a finanziare i livelli essenziali delle prestazioni sociali; dunque, che non siano una tantum, altrimenti li perdiamo negli anni successivi. Assieme allo Spi e alle altre due confederazioni, ci battiamo per un nuovo piano nazionale per la non autosufficienza, che ancora non c’è, da mettere a disposizione delle regioni. Ciò che è prioritario, è salvaguardare gli interessi di tutti, e non come avviene oggi, dove esistono differenze enormi da regione a regione. Il cuore del piano dovrà mettere assieme sanità e sociale, e quindi garantire l'integrazione tra comuni e Asl, al fine di recuperare abilità e condizioni di salute delle persone. Poi c’è il grande tema che non riguarda solo le cure di assistenza, ma anche promozione sociale, tempo libero, trasporti, inclusa la domotica e tutte le nuove tecnologie che possono essere messe a disposizione per l’autonomia delle persone”, ha spiegato il dirigente sindacale.

 

“Naturalmente, dobbiamo garantire il diritto allo studio, al gioco, alla vita comunitaria per i ragazzi non autosufficienti, così come il diritto al lavoro per le persone disabili. Ma la maggioranza delle persone in condizioni di non autosufficienza ha un’età molto avanzata, e qui si apre un capitolo che riguarda il reddito dei singoli, le loro condizioni abitative, le relazioni sociali, la mobilità: si va dalla rimozione delle barriere architettoniche all’organizzazione della casa, e tutto questo implica avere un’idea, non necessariamente intervenire dappertutto con il welfare, ma mettere le persone nelle condizioni di vivere il più possibile in modo autonomo e dignitoso, rimuovendo tutti gli ostacoli che impediscono una vita autosufficiente, tale da non avere discriminazioni o difficoltà di vario tipo, come invece accade oggi, con un Paese come il nostro, che non ha né un piano né politiche all’altezza della grande sfida dell’invecchiamento della popolazione, dove, se non s’interviene celermente in termini di prevenzione, la situazione è destinata a peggiorare”, ha detto ancora il sindacalista.

“Sempre nell’ambito del nuovo piano per la non autosufficienza, la proposta di legge che i sindacati dei pensionati hanno presentato nel 2006 costituisce, salvo i necessari aggiornamenti, ancora un punto di riferimento assai importante, perché mette assieme prestazioni, servizi, trasferimenti monetari - che è una grande questione italiana, perché spesso ce la si cava con un assegno, senza garantire nessuna presa in carico e nessuna continuità alle persone -. Oltretutto, il nuovo piano, una volta approvato secondo i dettami da noi elencati, potrebbe avere benefici effetti sul fronte lavorativo. Il settore dei servizi di cura alla persona è quello che ha prodotto il maggiore impatto positivo sull’occupazione. Il tema, semmai, è quello della qualità, dell’elevazione del rango sociale di questi lavori, che spesso sono troppo poveri e poco riconosciuti dal punto di vista economico, ma anche da quello dell’importanza sociale: sotto tale profilo, come sindacato, noi dobbiamo fare di più”, ha concluso Cecconi.