La presentazione , il 2 dicembre, del volume “Riforma del capitalismo e democrazia economica” pubblicato da Ediesse è stata l'occasione per riaprire una discussione su come ridefinire un nuovo modello di sviluppo. Ecco alcuni estratti dalle conclusioni di Danilo Barbi, segretario confederale della Cgil, al convegno che si è tenuto presso la sede nazionale del sindacato in Corso d'Italia. L'intervento è stato trasmesso integralmente su RadioArticolo1.

“C'è un equivoco evidente della parola ripresa - ha detto Barbi -. Ripresa è una parola equivoca rispetto all'analisi della crisi. E' una parola sbagliata semanticamente perché introduce l'idea che bisogna riprendere quello che c'era. Ma quello che c'era non ci sarà più, perché la fase della globalizzazione finanziaria ha consegnato il conto ai paesi occidentali di più lunga industrializzazione. Quella globalizzazione era sostenuta dal debito privato, in cui finanziarizzazione e disuguaglianza stanno insieme come cause. Se questo è vero, non c'è niente da riprendere. Perché quel sistema non ritornerà mai più così, quella era droga di finanza. E' irrealistico pensare di riprenderla, il problema è come definire un nuovo modello di sviluppo, che è una cosa completamente diversa”.  

Un'idea equivoca di ripresa che si rispecchia anche nelle previsioni economiche diffuse di recente in Italia. “Ogni tanto incontriamo, anche in parlamento, qualcuno del governo - ha continuato il segretario Cgil -, e ci capita di dirgli: 'guardate che la previsione che state facendo sul primo semestre 2015 è analiticamente sbagliata, perché si sono sommati tre fattori', quantitative easing europeo, il calo del prezzo del petrolio e il massimo nel livello delle esportazioni europee. Queste condizioni insieme non potevano durare, era un problema di visione. E oggi, nel secondo semestre, Pil e occupazione stanno tornando a calare in Italia. Abbiamo fatto dei calcoli qualche tempo fa e se le previsioni del governo fossero state esatte il Pil italiano oggi sarebbe di 350 miliardi superiore a quello che è. Si tratta di un errore di un certo rilievo statistico”.

Ma c'è qualcosa di più profondo in questa crisi. E per Barbi è “questo il punto sostanziale. Il sindacato rapopresenta il popolo e oggi il popolo spera che la crisi sia finita. Ma in questo paese siamo passati da 3 a 6 milioni di poveri, abbiamo perso 950.000 posti di lavoro, abbiamo 1.700.000 occupati in meno. E per quanto riguarda i giovani sotto i 35 anni simao messi così: il 10% ha un lavoro normale, il 50% ha un lavoro precario e il 40% è disoccupato. In un paese come questo sperare che la crisi sia finita è abbastanza normale”.

"L'idea che non ci sia un'alternativa qualunque al modello esistente - ha concluso il dirigente Cgil - è un'idea pericolosa. Perché non tiene conto delle contraddizioni del presente. Un'alternativa nella storia umana c'è sempre, il futuro non è stato scritto da nessuno. Oggi il capitalismo prende la forma astratta della finanza internazionalizzata e tecnologizzata e bisogna trovare una risposta democratica di socializzazione. Quella che viviamo è una pigrizia democratica terribile molto simile a quella che attraversò l'Europa negli anni '20 e '30. Ma se si è per i diritti, si è per i diritti per tutti”.