Quattordici giornalisti stranieri firmano una raccolta di storie in stili diversi e sotto il segno dell'ironia in un'Italia che cambia. Roma, mercoledì 6 aprile, ore 18.00 la Feltrinelli Librerie, via V. E. Orlando 78/81.

La curatrice ne discute con Laura Boldrini, portavoce in Italia dell'Unhcr. Modera Giovanni Maria Bellu, vicedirettore de l’Unità. Intervengono gli autori Paula Vivanco e  Ejaz Ahmad. Roma, mercoledì 6 aprile, ore 18.00, la Feltrinelli Librerie,  via V. E. Orlando 78/81.

Un ragazzo di Hong Kong che studia belle arti a Milano, una giovane ciclista lituana alle prese con l’umorismo toscano, una bambina cilena sbarcata nella Roma degli anni ottanta, un uomo camerunense che realizza il sogno di costruirsi una casa in patria: sono alcune delle storie riunite in questa breve raccolta, raccontate con stili diversi e unite dal filo rosso dell’ironia.

Quattordici giornalisti di origine straniera firmano questo omaggio collettivo all’autore delle Lettere persiane. Alcuni, i più giovani, sono nati o cresciuti qui, altri sono arrivati già adulti. Come Montesquieu, hanno immaginato dei personaggi, più o meno autobiografici, che raccontano le loro impressioni sull’Italia ad amici o parenti. E ci ricordano l’importanza di aprirsi a nuovi sguardi sul mondo in cui viviamo.

Come dice Gad Lerner nell’introduzione, «il rovesciamento dello sguardo su noi stessi che dobbiamo alla sensibilità di questi autori, produce vantaggi da non sottovalutare.  Rivitalizza una lingua italiana destinata, senza questo interscambio, alla marginalità. Sollecita un atteggiamento sprovincializzato nei riguardi dei problemi  nazionali. Rivela i cambiamenti intervenuti nel nostro tessuto sociale (…). Ci segnala il pericolo di adagiarsi in un piccolo mondo antico che esiste solo nei nostri sogni».

Gli autori: Farid Adly Ahmad Ejaz, Ismail Ali Farah, Lubna Ammoune, Mayela Barragan, Paula Baudet Vivanco, Domenica Canchano, Alen Custovic, Raymon Dassi, Darien Levani, Gabriela Pentelescu, Edita Pucinskaite, Akio Takemoto,  Sun Wen-Long.

In Pachistan gli autobus partono quando sono pieni, i tempi sono dilatati come una macchia d’olio inarrestabile. Ma è anche il paese dove i vecchi sono accuditi e rispettati. A loro appartiene la nostra memoria. E anche la morte non fa poi così paura, non è solitudine e tabù. In Italia il fine vita è un argomento che si sorvola pensando, così, di esorcizzarlo. Invece i pachistani, abituati a vivere in famiglie numerose e con una sanità che lascia grande margine al fato, convivono con il sonno eterno fin da bambini»  Dal racconto di Ejaz Ahmad “Lahore-Roma solo andata”.

Francesca Spinelli è giornalista, copy editor e traduttrice. Vive a Bruxelles e collabora con «Internazionale».

Il libro nasce da una collaborazione tra l’ong Cospe e il settimanale «Internazionale».