Quando stamattina ho letto l’ultimo numero di Rassegna, con i titoli del fondo del direttore e dell’articolo del presidente dell’Edit.Coop. devo confessare che sono rimasta colpita. Non sapevo delle difficoltà che la cooperativa ha di fronte, eppure i miei contatti con la redazione di Rassegna, per ragioni di lavoro e anche per l’amicizia che con alcuni si è cementata negli anni, sono abbastanza frequenti. Poi, leggendo gli articoli, ho capito le ragioni della dichiarazione dello stato di crisi, la decisione di accelerare i tempi e di giocare d’anticipo sui problemi che si addensano all’orizzonte, la voglia di “non abbassare la guardia né le ambizioni”, ma di uscire dalle difficoltà con motivazioni nuove e un’organizzazione più funzionale, provando a fornire prodotti ancora migliori.

Evidentemente, è proprio lo spirito cooperativo, inteso nel senso migliore, che ha portato i giornalisti dell’Edit.Coop. a sobbarcarsi adesso il peso della cassa integrazione e dei prepensionamenti per garantire un futuro alla cooperativa e a Rassegna domani. Ma credo non sfugga a nessuno che la crisi di Rassegna riguarda da vicino tutta la Cgil. Mi ha colpito dell’articolo di Tarcisio Tarquini il ricordo della nascita della cooperativa diciassette anni fa e della decisione di Bruno Trentin di affidare ai giornalisti dell’Edit.Coop. l’incarico di “mantenere in vita il settimanale della Cgil in un momento in cui molti ne chiedevano la chiusura o il ridimensionamento”.

In questi anni Rassegna non è solo rimasta in vita, ma è diventata una realtà importante nel panorama dell’informazione economico-sindacale proprio per l’equilibrio e la completezza con cui ha raccontato quello che succede nel mondo del lavoro, tra i pensionati e nelle tante articolazioni della Cgil nel paese. Oggi rischia di essere una delle vittime della manovra del governo e del modo dissennato in cui viene finanziata l’editoria. Allo stesso modo in cui siamo stati e siamo giustamente pronti in questi anni a mobilitarci per altre storiche testate, a maggior ragione, se la crisi riguarda il settimanale della Cgil, deve essere tutta la confederazione, dalla segreteria nazionale alle strutture nei posti di lavoro, a dare un segnale concreto di solidarietà. Se mi è concesso il vezzo (a una signora non si dovrebbe negarlo) di parafrasare (rivoltandolo) il titolo del libro che ho scritto recentemente per l’Ediesse, “Il futuro (di Rassegna, in questo caso) è uno solo, ma è di tutti”.

*  vicesegretaria generale Filctem Cgil

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