Nicoletta Dosio ha sempre il fazzoletto No Tav annodato al collo. È una delle donne che in questi decenni hanno manifestato contro il passaggio del treno ad alta velocità in Val di Susa. È anzi una delle protagoniste e dei volti storici di quel movimento.  Lo è convintamente da sempre questa ex insegnante di latino e greco, attivista politica e ambientalista. Lo è a maggior ragione in questi giorni in cui la decisione del Procuratore generale del Piemonte lha costretta in carcere. Non ha voluto chiedere misure alternative: pagherò se questo è il prezzo che si paga per lottare per un modello di società diversa - scrive da dietro le sbarre. Da quattro giorni, infatti, Dosio sta scontando la pena a cui è stata condannata: un anno per violenza privata e interruzione di pubblico servizio. Durante una manifestazione di sette anni fa i No Tav avevano sollevato per protesta le sbarre dei caselli della Torino-Bardonecchia, 12 imputati e lei unica a rifiutare misure alternative alla detenzione. È una scelta di coerenza quella dellattivista 73enne alla quale va tutta la solidarietà della Fiom Cgil nazionale e torinese che in una nota congiunta ricordano il loro impegno nel movimento. Si tratta, però, anche di un gesto politico che investe tutti e scopre il re, in questo caso il Tav. Ne è convinto Livio Pepino, già magistrato e sostituto procuratore generale di Torino, presidente dellAssociazione Volere la Luna che ha prontamente chiesto al Presidente della Repubblica di concedere a Nicoletta Dosio la grazia, non come atto di clemenza ma per restituirle giustizia.